PALERMO – Serve un’amnistia per calmierare gli effetti devastanti provocati dalla colpevole inerzia di Stato nel mondo carcerario. Da qualunque parte la si guardi la vita dei detenuti e quella degli agenti della polizia penitenziaria, è ben più dura della galere dell’inquisizione.
A chi, come me, da anni, gira per gli istituti realizzati, sulla carta, per rieducare i colpevoli e ritiene che i rei debbano senza alcun dubbio pagare l’errore commesso, non sfugge l’assoluta ingiustizia di una pena ‘accessoria’, non prevista da nessun codice e non comminata da alcun giudice che è, il vivere in strutture dove la rieducazione e la civiltà non trovano ospitalità, nemmeno occasionale. Ed è per questo che, purtroppo, non facciamo altro, da anni, che contare uno dopo l’altro, i suicidi che si susseguono fra le mura degli istituti di pena italiani o che, comunque, sono connessi alle condizioni lavorative nelle carceri.
Nelle case di reclusione siciliane, in particolare, servono interventi urgenti a livello strutturale e il sovraffollamento, nella stragrande maggioranza dei casi è evidente e, di conseguenza, le condizioni di vita sono di estremo disagio, con celle strette e piccole, con possibilità di fare la doccia solo tre volte la settimana. Assolutamente inaccettabile, inoltre, il tempo ‘concesso’ agli psicologi per incontrare tutti i detenuti: si va da un massimo di 10 ad un minimo di 7 ore al mese. Inoltre anche il numero di agenti della Polizia penitenziaria in servizio negli istituti siciliani non è realmente in linea con la pianta organica, che, peraltro, risale al 2001.
Ci sono tanti, troppi, nei maligni nel mondo carcerario ed è per questo che dopo aver sollecitato più volte e con forza interventi urgenti, avendo sempre in mente lo scopo finale della detenzione, e cioè la rieducazione del reo, siamo costretti ad invocare il governo del paese chiedendogli di ridurre i danni che la sua inefficienza provoca. Serve subito una amnistia da concedere ovviamente a chi ha commesso reati di allarme sociale minore.