PALERMO – È morto il boss Gregorio Agrigento. Il questore di Palermo aveva negato funerali pubblici e l’anziano capo mafia è stato tumulato stamani dopo una breve cerimonia privata.
L’anno scorso la Corte di appello lo aveva prosciolto e scarcerato. Le perizie avevano stabilito la “incapacità irreversibile di partecipare al processo” del boss di San Giuseppe Jato. Il collegio aveva accolto l’istanza del legale della difesa, l’avvocato Salvo Priola.
Furono i carabinieri del Gruppo Monreale fra marzo e ottobre del 2017 ad azzerare i clan della provincia di Palermo. Gli arresti dell’operazione “Nuovo mandamento” del 2013 avevano rimescolato le carte a San Giuseppe Jato. Si era creato un vuoto di potere. Per colmarlo si erano affrontate due fazioni. Quella guidata dall’anziano Gregorio Agrigento e quella che faceva capo a Giovanni Di Lorenzo, soprannominato “la morte”, che intendeva garantire gli interessi dei vecchi capi. A cominciare da Salvatore Mulè, storico capomafia che sta scontando diciannove anni di carcere al 41 bis. Alla fine fu trovata l’intesa e la guerra evitata.
Agrigento in primo grado era stato condannato a 16 anni di carcere. Già il giudice per l’udienza preliminare aveva chiesto ai periti di valutare le condizioni di salute dell’ultraottantenne. Fu riscontrato “un progressivo decadimento cognitivo”. La situazione è peggiorata a causa di un’ischemia cerebrale. Negli ultimi mesi il peggioramento e il decesso.