PALERMO – Un sms. Poi, l’appuntamento. Le vite di due personaggi al centro di inchieste giudiziarie si incrociano. Ed è una sorpresa per gli stessi investigatori. Sono una donna, coinvolta in una brutta storia di rapimenti, e un uomo, crivellato di colpi in un agguato mafioso.
Lei è Larysa Moskalenko, ex campionessa olimpionica di vela. Lui è Juan Ramon Fernandez, narcotrafficante di droga al soldo del cartello italo-canadese, assassinato, alcuni mesi, fa assieme al complice Fernando Pimentel, bruciato e sepolto tra i rifiuti sotto una spessa lastra di eternit nei pressi di Casteldaccia.
“Un certo Juan Ramon Fernandez lei lo conosce?”, chiede il pubblico ministero Calogero Ferrara nel corso dell’interrogatorio alla bella ucraina, che risponde: “Non lo conosco”. Eppure, le ricorda il pm, “lo ha incontrato all’Hotel Jolly il 30 dicembre 2012 assieme al suo compagno, Giuseppe Marchese”. La donna giura di non conoscerlo, ci sono però delle fotografie che li ritraggono assieme. Il canadese venuto in Sicilia, a Bagheria per la precisione, per rinverdire i traffici internazionali di droga, era seguito a vista dai carabinieri del Ros.
Il ricordo riaffiora nella mente della Molskalenko. Ammette di avere conosciuto Ramon Fernandez tramite Marchese. Tra il suo compagno e il canadese assassinato c’erano delle trattative per l’affitto di “questo locale ex Soluzioni”. E l’ucraina l’avrebbe messo sul chi va là: “… sono gente pericolosa… loro mi hanno chiesto armi e io l’ho chiesto a lui”. A chiederle le armi sarebbero stati i due norvegesi a capo dell’organizzazione che avrebbe rapito bambini contesi fra coppie di genitori separati. Laddove i Tribunali e la burocrazia tardavano a fare il loro corso lì avrebbe trovato terreno fertile l’organizzazione.
Agli atti dell’inchiesta c’è un sms che la Moskalenko ha girato a Ramon Fernandez con il seguente testo: “Glock 261917, cz7585 9mm, Taser prezzo?”. La donna chideva all’uomo di procurarsi due pistole, una Glock e una CZ, di fabbricazione austriaca e ceca. Non solo, l’ucraina avrebbe proposto a Fernandez di partecipare alle operazioni di “recupero di un bambino in Tunisia: “Io gli ho detto a questo Fernandez che mi hanno chiesto…chiedere armi i novegesi che questi norvegesi vanno in Tunisia e fanno questo lavoro, siccome questo era tutto muscoloso uguale muscoloso tipo come Swarzenegger…”. E perché lo ha fatto? “Perché sono stupida, stupida”, ha tagliato corto la donna.
Non è l’unica frequentazione “pericolosa” dell’ex olimpionica. Dalle intercettazioni emergerebbe la sua conoscenza di alcuni mafiosi. Conoscenza che lei stessa ammette durante l’interrogatorio: “… io ho detto a loro che ho conosciuto mafiosi che si chiamavano fratelli Di Giovanni (Tommaso Di Giovanni, oggi in carcere, è stato regegente del clan di Porta Nuova ndr) quello era dove erano mie barche armeggiate a Marina Villa Igea, che è divisa in due parti dal lato di Villa Igea sotto ci sono due ormeggi proprio di Di Giovanni c’è la targa Di Giovanni io l’ho detto che si ho conosciuto queste persone da tanto tempo e poi loro sono stati arrestati per la mafia”.
Conoscenza casuale, ma nessuna frequentazione, ha spiegato la donna a cui nel frattempo sono stati concessi gli arresti domiciliari su richiesta dell’avvocato Vincenzo Giambruno. Si sono, infatti, affievolite le esigenze cautelari.