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Non liberarci oggi | dal matto quotidiano…

Le esplosioni di follia negli ultimi giorni
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Un uomo armato di martello passeggia tranquillo alla stazione centrale di Palermo. Improvvisamente, scatta qualcosa. Il martello diventa un’arma contro un’innocua coppia tratta a sorte dal mazzo dei passanti. Lui – l’aggredito –  muore. Lei finisce in ospedale.
Nella pace di Piana, un figlio si accanisce contro la madre. “Crudelmente”, scrivono i carabinieri. Trentotto coltellate tra gola e addome. Trentacinque risultano mortali. Anche questi episodi di cronaca nera scoloriranno e spariranno nel passaggio dei giorni. Prima di vederli andare via, magari sarà utile trattenerli ancora un po’ e discuterne. Non parliamo di disgrazie accidentali cadute dal cielo. Parliamo di eventi che, verosimilmente, hanno a che fare con la malattia mentale e con la scarsa rete di sostegno al problema che scontiamo ogni giorno. Che ci sia poca attenzione è testimoniato dai fatti: dalle martellate, dalle coltellate, dalla furia assopita che esplode nei raptus.  Tuttavia, ancora maggiori testimonianze di abbandono troveremmo nelle biografie normali, nella difficile convivenza che certe famiglie devono costruire “col matto” in casa. Situazioni al limite della compressione che, talvolta, non esplodono solo perché la furia è domata e accecata da badilate di psicofarmaci. Ma dietro quelle pareti, resta l’impronta di una sofferenza omertosa, resta un inspiegabile eppure presente senso di colpa che coglie “le famiglie dei matti”, come se la patologia mentale fosse un’atavica condanna, o un fatto socialmente discriminante. Un’ombra da nascondere in ogni tipo di sgabuzzino per non essere giudicati. Poi, fatalmente, accade: la follia spezza i vincoli e si manifesta, a quel punto, nel modo peggiore possibile. Non è solo un problema di strutture pubbliche spesso carenti, a dispetto degli ottimi professionisti che le sorreggono. C’è proprio una cifra culturale da correggere. Sarebbe necessario illuminare la pazzia degli altri e dei nostri, fin nei suoi recessi intimi. Sarebbe utile discuterne su sentieri condivisi, alla luce del sole, infrangendo il mito in qualche caso fasullo della normalità. La nostra preghiera laica dovrebbe essere: non liberarci oggi dal matto quotidiano. Finché confineremo il problema nella dimensione fintamente privata di un’ombra e di uno sgabuzzino, in cambio riceveremo soltanto martellate e coltellate. E  proveremo perfino uno strano sollievo. In cuor nostro sappiamo che dovrebbero essere di più.


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