PALERMO – Si va verso un forte ridimensionamento del regime di tassazione agevolata a favore dei lavoratori che decidono di ritornare in Italia e in particolare nel Sud del Paese. La misura è tra quelle contenute nello schema di decreto legislativo che il governo nazionale ha approvato, in via preliminare, nelle scorse settimane, al fine di dare attuazione alla delega fiscale in materia di fiscalità internazionale.
Si tratta del regime agevolativo per gli “impatriati” che, attualmente vigente, prevede una detassazione del 70% del reddito imponibile ai fini Irpef, detassazione che cresce al 90% per gli “impatriati” che trasferiscono la residenza in alcune regioni del Mezzogiorno, tra cui la Sicilia. La nuova disciplina destinata, nelle intenzioni del Governo, a entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2024, prevede, invece, una detassazione solo del 50% del reddito imponibile, senza nessuna maggiorazione per coloro che dovessero scegliere di stabilire la residenza nel Sud Italia.
Il regime del “reshoring”
Nello stesso decreto il governo introduce una nuova agevolazione per le aziende che operano il cosiddetto “reshoring”, cioè il trasferimento entro i confini nazionali di attività economiche (imprese o attività professionali o artistiche) prima localizzate al di fuori dell’Unione europea. In questo secondo caso si prevede che il reddito prodotto da tali attività economiche in Italia non concorrerà a formare l’imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP per il 50 per cento dell’ammontare; e ciò per il periodo d’imposta in corso alla data del trasferimento e per i cinque anni successivi.
Ma quali saranno le conseguenze per la Sicilia e il Mezzogiorno di queste due misure? Nel nuovo numero del mensile “S, in edicola e online, l’avvocato Alessandro Dagnino analizza in modo dettagliato, nella sua rubrica “Quel che è di Cesare”, le conseguenze sul Sud Italia della revisione del regime degli “impatriati” e dell’introduzione del regime di agevolazione per le imprese che tornano ad operare in Italia.