PALERMO – Il fiuto di un cane molecolare offrirebbe la prova che Carlo La Duca non è stato ucciso a Ciaculli come sostiene la Procura di Palermo. La difesa dei due imputati si gioca la relazione di un perito per tentare di minare l’accusa di omicidio che pesa su Luana Cammalleri e Pietro Ferrara, soprannominati gli “amanti diabolici di Cerda”.
Incontro alla morte
La vittima è sparita nel gennaio 2019 dal piccolo paese in provincia di Palermo dove gestiva un’azienda agricola. I due imputati avevano una relazione clandestina, emersa solo grazie alle intercettazioni, e avrebbero messo in atto un piano per sbarazzarsi della vittima, il cui corpo non è stato ritrovato. La mattina della scomparsa La Duca è uscito dalla sua abitazione alle 8:07 per recarsi a Cinisi dove ad attenderlo c’era la nuova compagna. La relazione con la moglie era finita, tanto che resta oscuro il movente del delitto che di certo non serviva per liberarsi del terzo incomodo. La Duca doveva fare una tappa intermedia in campagna da Ferrara a Ciaculli. Il tragitto della sua Wolkwswagen Golf è stato monitorato grazie al Gps fino in via Salvatore Minutilla, a Cardillo, dove è stata trovata la macchina. Pietro Ferrara, dunque, è stata l’ultima persona ad avere incontrato Carlo La Duca.
Il cane molecolare
Ferrara è arrivato alle 8:56 a Ciaculli. Alle 10:48 l’auto è ripartita. L’ipotesi è che La Duca fosse già morto e sarebbe stato l’imputato a guidare la macchina fino a Cruillas. Ad un’incollatura è stata filmata una Fiat Punto bianca. “Al volante c’era Luana Cammalleri”, sostiene l’accusa, secondo cui Ferrara avrebbe ucciso l’amico con il concorso morale della donna.
Al cane molecolare, di nome Druido e di razza Bloodhound, fu fatta annusare una scarpa della vittima. Quindi venne condotto nel luogo del ritrovamento della macchina. Fiutò una traccia di La Duca, imboccò viale Ragione Siciliana Nord-Ovest fino a giungere ad un sottopassaggio e infine, dopo 150 metri, si fermò in prossimità della fermata dell’autobus della linea 100. Gli odori erano svaniti. Secondo gli esperti della Procura, Druido aveva percepito l’odore che si sprigionava dalla macchina. Come dire, si trattò di un falso positivo.
Cosa dice la difesa
Il perito della difesa, al contrario, ritiene che il cane non si è sbagliato. O quantomeno non è possibile affermarlo con certezza. Si è comportato in maniera lineare. Per dimostrarlo gli avvocati Giovanni Marchese e Accursio Gagliano hanno depositato la motivazione di un altro processo, quello per l’omicidio di Santo Alario. Un delitto rimasto senza colpevoli. I giudici della Corte d’Appello hanno, infatti, assolto l’unico imputato, Giovanni Guzzardo, titolare di un bar a Capaci. L’esame del Dna eseguito dai carabinieri del Ris su alcuni resti trovati a giugno del 2019 nelle campagne di Caccamo, paese natio di Guzzardo, avevano consentito di identificare Alario, scomparso il 7 febbraio 2018.
Anche in quell’inchiesta fu impiegato il cane Druido che un giorno fiutò gli odori dello scomparso, ma all’improvviso si fermò. La traccia era svanita. Allora si ipotizzò che Alario avesse preso un’altra direzione, magari a bordo di un mezzo. Circostanza che, secondo la difesa, potrebbe essere avvenuta anche nel caso di La Duca. La moglie, interrogata, disse di avere seguito il marito e di averlo visto scendere dalla macchina e allontanarsi.
Secondo i legali della difesa, non sono stati fatti ulteriori accertamenti. L’accusa, al contrario, è convinta di avere raccolte prove a sufficienza per dimostrare la colpevolezza degli imputati che si sarebbero anche contraddetti in diversi passaggi degli interrogatori.