CATANIA – Due inchieste si incrociano. Due indagini si intrecciano. Le cimici captano una telefonata e si parla di un omicidio. Un delitto di mafia. Salvatore Nicolosi, detto Gnoccolo, commenta con una persona non identificata l’omicidio di Salvatore Tucci. E’ marzo del 2010: San Cristoforo è sotto assedio dei carabinieri che stanno lavorando per inchiodare i gestori delle piazze di spaccio del rione riconducibili ai Santapaola e ai Nizza. Pochi giorni prima la Squadra Mobile arresta il killer e capomafia dei Carateddi, Sebastiano Lo Giudice. Una bonifica di cui approfittano proprio i Nizza per conquistare le piazze gestite da Ianu U Carateddu.
Nicolosi commenta l’arresto del boss dei Carateddi dicendo che nel quartiere di San Cristoro “si respira”. Con questo scambio di battute inizia l’intercettazione che si trova nei faldoni del processo Revenge 3. Il troncone in abbreviato si è concluso con una condanna in primo grado all’ergastolo per Lo Giudice. Entro marzo dovrebbe arrivare il verdetto del processo in appello.
Salvatore Nicolosi a fine gennaio aveva manifestato l’intenzione di diventare collaboratore di giustizia, ma dopo un mese ha cambiato idea e ha fatto un passo indietro proprio quando era entrato nel programma di protezione. Una notizia – diffusa da Meridionews e Giornale di Sicilia – che è stata resa nota durante l’ultima udienza del processo Stella Polare dove è stato comunicato anche il cambio del legale di fiducia di Salvatore Nicolosi, già condannato in primo grado con il rito abbreviato.
Gnoccolo, cognato di Giovanni ‘Banana’ Nizza, commenta l’omicidio di Tucci chiamando la vittima “picciriddu” e etichetta il delitto come una “vigliaccata” di Sebastiano Lo Giudice verso un padre di famiglia “con tanti bambini piccoli”. “Hanno fatto una vigliaccata”- asserisce. “Lo sai perchè lo hanno fatto? Perchè ci sono mancati, a Iano (Lo Giudice) gli sono mancati 15 mila euro. Per 15 mila euro lo hanno ammazzato” – spiegano a Nicolosi. “Lo so, lo so” – ripete Gnoccolo. Nel quartiere si era diffusa la voce che Salvatore Tucci era uno “sbirro” a servizio delle forze dell’ordine. Una ipotesi che sarà smentita proprio nel corso dell’indagine sul delitto. Lo Giudice poi era in debito con Tucci. Secondo quanto racconta Nicolosi nel corso della telefonata intercettata i parenti e gli amici della vittima “gli erano stati sempre vicino mettendogli a disposizione anche case e terreni durante la sua latitanza”.
“Era impazzito, era impazzito di cervello”. Ancora una volta Sebastiano Lo Giudice viene etichettato come un “folle”. Anche il collaboratore di giustizia Gaetano D’Aquino, ex affiliato dei Cappello, ha descritto “Ianu U Carateddu un personaggio senza scrupoli. Se fosse stato per lui – ha dichiarato nel corso di un’udienza di Revenge 3 – si doveva ammazzare tutta Catania, non doveva vivere nessuno mai”. Addirittura l’ex reggente dei Santapaola Santo La Causa ha affermato in aula che “Lo Giudice si sentiva come Totò Reina”. Nella lista nera dello spietato capomafia c’erano i boss dei clan rivali: Vincenzo Aiello dei Santapaola e Nuccio Mazzei dei Carcagnusi, solo per fare alcuni nomi.
Sotto le pallottole di Lo Giudice sarebbe finito anche Salvatore Tucci, crivellato di colpi in via Feliciotto a Catania il 6 marzo del 2010. Nicolosi sembra conoscere alcuni dettagli dell’agguato. “Ce lo ha accompaganato uno, uno che era biondino” – racconta Gnoccolo. Per gli inquirenti il “biondino” è Giuseppe Platania, U Salaru, trafficante di droga, arrestato il 3 marzo 2010: stava partecipando ad un summit presieduto da Sebastiano Lo Giudice. In quella stalla di San Cristoforo sono installate le cimici della Mobile: un poliziotto riconosce la voce di “Ianu” e gli agenti fanno irruzione. Dopo quel blitz la Procura di Catania svela che “i Carateddi erano pronti a dichiarare guerra ai Santapaola”. Insomma, era stata fermata una nuova guerra di mafia.

