PALERMO – E ora si apre la settimana della verità per Leoluca Orlando e il Pd. Fioriranno le rose dell’alleanza dopo anni di invettive e anatemi? Se ne saprà di più in questi giorni, quando la delegazione incaricata dal partito palermitano dovrebbe incontrare il sindaco per capire se ci sono le condizioni di formare quella vasta alleanza di centrosinistra in favore della quale si è espressa la direzione del Pd. Riusciranno i dem, che con il segretario provinciale Carmelo Miceli hanno sparato ad alzo zero su Orlando per anni, a concludere il matrimonio con l’ex nemico? E vincerà Orlando la sua ritrosia per quel Pd di Rosario Crocetta del quale il sindaco ha detto ogni male nello stesso periodo, caricando nella sua gioiosa macchina da guerra anche i dem, quelli che, diceva lui stesso un annetto fa a Livesicilia, non li vota nemmeno la sorella?
C’è da mandare giù qualche rospo, certo. Ma l’antipasto è già stato servito. Con l’accordo già chiuso tra il sindaco uscente e Sicilia Futura, il movimento di Totò Cardinale. Che è stato per lunghi tratti della legislatura il grande consigliere di quel Rosario Crocetta su cui Orlando è stato più volte tranchant. Tutto dimenticato. Il voto si avvicina e una lista in più, con la nuova legge elettorale che ha riportato l’effetto trascinamento a vantaggio dei sindaci, fa molto comodo. E così con gli uomini di Cardinale l’accordo dalle parti di Leoluca Orlando è già chiuso e partorirà una lista vicina a Sicilia Futura.
Messo dentro Cardinale, perché mai il Professore dovrebbe disdegnare il sostegno di quel Pd di cui Orlando ha tra le altre cose invocato il commissariamento? L’unico ostacolo potrebbe essere quello del simbolo. Dagli ambienti orlandiani si è fatto sapere che il Professore non gradirebbe avere simboli di partito per lo mezzo, così come lo sfidante Fabrizio Ferrandelli, per non perdere punti nella gara su chi è più antipolitico dei grillini. Il simbolo ce lo teniamo stretto e con orgoglio, aveva messo i puntini sulle i Miceli arrendendosi alla scelta del partito di puntare a Orlando. Macché, oggi il suo capocorrente Davide Faraone ha spiegato che non c’è tanto da impuntarsi neanche su questo. “Non è una questione di simboli”, ha detto il sottosegretario auspicando il ricompattamento del centrosinistra. Lasciando intendere che a tutto c’è rimedio. E scatenando qualche mal di pancia nel partito.
Se ne saprà qualcosa di più a giorni. Il matrimonio tra nemici probabilmente si farà, perché conviene a entrambi. Il Pd eviterebbe il rischio di marginalizzazione e potrebbe puntare su un candidato con chance di vittoria in una città dove da quindici anni perde le elezioni. Il Professore si assicurerebbe un altro pezzo di consensi per puntare alla rielezione. E se per caso si dovesse andare al voto anticipato per le Politiche, come non sembra improbabile, e si optasse per l’Election day, votando nello stesso giorno delle amministrative, a quel punto avere il traino del simbolo del Pd (che a Palermo con quel tipo di prospettiva potrebbe raddoppiare il suo peso) potrebbe pure fare comodo a Orlando. E c’è da scommettere che ci sarebbe tutto il tempo per un’altra giravolta, anche su questo.