PALERMO – Piccioli, soldi. Tanti soldi. La famiglia Fontana da decenni accumula ricchezze. Ed è studiando la potente famiglia dell’Acquasanta che si può conoscere il vero volto della mafia di oggi. Una mafia moderna, capace di infiltrarsi nell’economia attraverso raffinati meccanismi.
Da una parte ci sono i vecchi canali di controllo del territorio. La borgata dell’Acquasanta, come altre della città, vive sotto il giogo mafioso. I boss impongono il pizzo persino a chi trasporta con le carrettelle la frutta al mercato di via Montepellegrino e sovrintende alle riffe di carne e pesce nei quartieri popolari. E poi c’e’ il walfare di Cosa Nostra che paga la spesa a chi è in difficoltà. O meglio, indirizza i meno fortunati nei supermercati – ad esempio G&G di Nunzio e Giuseppe Gambino (entrambi coinvolti nel blitz) – gestiti da persone che fanno parte del circuito mafiosi. È un contesto di miseria, spesso non solo economica, dove i boss sguazzano e raccolgono il consenso. Dove non c’è lo Stato, c’è la mafia. Ed è per questo che il gip Piergiorgio Morosini nell’ordinanza di custodia cautelare scrive che è fortissimo il rischio che la mafia approfitti dell’emergenza economica dovuta al Coronavirus. I boss che oggi danno una mano ai commercianti in difficoltà, domani diventeranno i veri padroni delle attività.
Nel contempo, gli stessi boss vendono anche orologi di lusso e pietre preziose in Russia e Germania, grazie ad importanti gioiellieri milanesi e importatori londinesi.
Giovanni Fontana era il più attivo su questo fronte. Parlando con alcuni rivenditori milanesi (Alessio Umberto Ferrari e Luigi Pacia – non indagati), raccontava dei suoi contatti con una società inglese. Si tratta della Watch & Passion con sede a Londra, dove i Fontana avrebbero piazzato un loro uomo, Salvatore Buonomoto.
Incontrando a Palermo Vincenzo Buscetta, titolare di un “compro oro” di via Francesco Lo Jacono, Ferrante gli spiegava che “… io siccome col concessionario Rolex questo Ronchi ormai siamo amici… l’altra volta per esempio ci sono andati i cinesi e si sono comprati centomila euro di orologi in contanti… chiamo a Giacomo Watch&Passion di Londra… fammi un bonifico da cento che devo comprare questi orologi… io ci metto al posto di centomila euro gli metto duecentomila euro…”.
Il giro degli affari è milionario. Sempre Fontana spiegava di ricevere dai clienti pagamenti in contanti: “… mica me lo deve fare in Italia?… a me? (il bonifico, ndr) … glielo fa al gioielliere amico mio… e quello me li porta qua… a cento.. duecento… trecento euro a settimana… mila euro a settimana”.
Nell’aprile 2016 Fontana raccontava a Lorenzo Di Benedetto di avere un debito con il fratello Gaetano (“io gli devo dare cento diecimila euro a mio fratello Gaetano”) e che non era più in affari con l’altro fratello, Angelo: “… prima lavoravo con Angelo… dal nove gennaio ad ora ho guadagnato quattrocentomila euro… duecento io e duecento Gaetano…”.
Lo stesso “Angelo…. gli hanno portato un borsone di orologi tutti regolari… Angelo gli ha dato un milione e mezzo in contanti… vendendoli tutti… Angelo che li può vendere pure in giornata, chiama Bonanno: ‘Giovanni comprateli’, prende sette otto milioni.. si può ritirare”.
Altro settore remunerativo sono le commesse all’interno dei Cantieri navali. Il riferimento dei Fontana nel settore era Roberto Giuffrida, rappresentante legale della Spa.Ve.Sa.Na. Società cooperativa, a sua volta collegata alle imprese Picchettini e Bruno.
Dei Fontana è da sempre Gaetano l’uomo forte, di cui tutti hanno atteso la scarcerazione nel 2017. Anche lui ha goduto, prima di finire di scontare la condanna, di un periodo di affidamento ai servizi sociali. “Fino a che lui non c’è non si può fare niente, appena lui esce”, dicevano in famiglia. Giovanni e Angelo gli avevano messo da parte un gruzzoletto per le prime spese da uomo libero: “… ottantaseimila euro di guadagno in cinque mesi… tu che sei arrestato ed esci li trovi.. che mi puoi dire?… niente… spese negozio pagate… ottantaseimila euro trovate”.
E poi ci sono le forniture imposte a ristoranti, panifici e pizzeria. Giuseppe Gambino avrebbe messo a disposizione il suo mulino per la farina da imporre a tappeto. Farina, ma anche sacchetti e imballaggi attraverso la G Pack, e caffè. I Fontana hanno aperto alcuni ingrossi a Milano dove il caffè siciliano dei Fontana è parecchio apprezzato.
Francesco Pio Ferrante, pure lui coinvolto nel blitz dei 91, chiedeva al padre Giovanni (a cui la Procura di Palermo contesta un ruolo direttivo) se Roberto, identificato in Roberto Gulotta, si fosse recato presso tutte le attività di ristorazione della zona per imporre la vendita della farina “a tutti”. Giovanni lo tranquillizzava: “… sì… è andato a prendere pure a quello dall’altra parte che ha telefonato e non gli vendevo più carta e gli ho venduto carta e farina…”.
Il blitz di ieri è frutto di due anni e mezzo di indagini del Nucleo di polizia valutaria della finanza, ma l’inchiesta della Dda prosegue perché ci sono tanti interrogativi a cui bisogna dare una risposta. Passano dall’analisi dei rapporti con decine di presone. Molti potrebbero essere prestanome, altri imprenditori che si sono prestati agli accordi illeciti per avere la loro parte di guadagno. Avere i Fontana come soci o fornitori era un lasciapassare nel mercato.