Cooperative per minori alle corde | Scontro col Comune sui pagamenti - Live Sicilia

Cooperative per minori alle corde | Scontro col Comune sui pagamenti

L'allarme di alcuni responsabili: intoppi burocratici e pagamenti in ritardo. L'Amministrazione lavora ai rimedi

PALERMO – “Certi ambiti dei servizi sociali del capoluogo siciliano sono alle corde”. A dirlo sono gli stessi addetti ai lavori, alcuni responsabili delle oltre 100 cooperative che a Palermo ospitano e si prendono cura di minorenni con vissuti familiari problematici. I protagonisti lamentano che le casse per la gestione quotidiana degli ospiti sono prosciugate ormai da mesi, e che l’amministrazione non starebbe più contribuendo a riempirle tra intoppi burocratici e assenza di dialogo. Il Comune di Palermo risponde, constatando che le criticità riscontrate esistono ma discordando su responsabilità e motivazioni.

La procedura di pagamento. Ogni due mesi, ciascuna cooperativa emette la fattura elettronica per i servizi resi; la fattura è comprensiva una quota fissa mensile, basata sui giorni di residenza degli ospiti (comunque decretati dal Tribunale per i minori), e una giornaliera, relativa alle spese di vitto e basata sui giorni di permanenza nella struttura. Il Comune la riceve attraverso una piattaforma del Ministero dell’Economia e può accettarla entro quindici giorni, scaduti i quali l’accettazione è comunque automatica. Dopo l’esame di un responsabile del procedimento, un dirigente redige una determina che viene inviata alla Ragioneria generale del Comune: se la determina è corretta, la Ragioneria emette il mandato di pagamento.

Le cooperative rappresentate dall’avvocato Giuseppe Marcellino riscontrano diverse anomalie, dai tempi incerti e sempre subordinate all’esaurimento delle casse del Comune. I tempi delle determine dirigenziali “ci risultano arbitrari – spiega l’avvocato Marcellino –: abbiamo riscontrato che si va da uno a sei mesi per la prima stesura, senza una vera logica. Nel frattempo, però, i minori continuano ad avere bisogno di libri, cibo o visite mediche, e gli operatori delle strutture devono essere giustamente pagati. Ultimamente l’opinione pubblica sta ‘marchiando’ queste strutture come meri strumenti per fare soldi: la verità è che sono famiglie a tutti gli effetti – precisa – e, come in tantissime famiglie, viene speso ogni centesimo per la sopravvivenza”.

Alcune cooperative segnalano che non riceverebbero pagamenti dal 2017. Così accade che i dipendenti (da un minimo di cinque a oltre venti per struttura), non pagati, presentano le dimissioni spontanee e si rivalgono sulle cooperative con decreti ingiuntivi che portano a pignoramenti sui loro conti. Un circolo vizioso da cui è difficile uscire: “Queste cooperative sociali non sono aziende commerciali e non lavorano per fare profitti – commenta l’avvocato –, piuttosto offrono un’ancora di salvezza a giovanissime vittime di abusi o violenze in famiglia e allo stesso tempo favoriscono l’occupazione di soci e operatori. Il tutto senza riserve finanziarie per rimediare agli errori del Comune”.

Le cooperative si sono avvalse di un’alternativa: la possibilità di ottenere crediti da banche convenzionate. La certificazione del credito viene richiesta elettronicamente, sulla piattaforma ministeriale in cui sono registrate le fatture, e il Comune deve rilasciarla entro 30 giorni. La legge prevede che se la scadenza non viene rispettata, la pratica passa in mano a un commissario ad acta e la pubblica amministrazione deve pagare una penale (a Palermo, informa il Comune, questa è in carico al dirigente responsabile dell’inadempienza). “Risulta che l’amministrazione comunale stia negando le certificazioni fornendo motivi banali – dice Marcellino –, per esempio segnalando che ‘la pratica è in corso’ senza ulteriori chiarimenti o riscontri. Il risultato finale è che i crediti non possono essere ceduti alle banche”.

Un altro strumento è il decreto ingiuntivo. “Con questo strumento, l’amministratore deve dimostrare a un tribunale di aver messo in atto tutte le procedure corrette per la riscossione – spiega Marcellino –. Per arrivare alla fine di questo percorso ci vuole almeno un anno e mezzo, ma soprattutto si affrontano diversi passaggi tra pronunce dei tribunali, esecuzioni e nomine dei commissari da parte dal Tar. Sempre che i commissari ricevano collaborazione da parte del Comune”. A oggi, la Terza sezione del Tar Sicilia ha emesso numerose pronunce con le quali decreta le nomine dei commissari ad acta e il pagamento delle spese processuali da parte del Comune.

La vicenda è materia nota a Giuseppe Mattina, assessore alla Cittadinanza solidale del Comune di Palermo. “Vorrei manifestare le scuse per i ritardi troppo lunghi e ringraziare chi fatica tutti i giorni. Anche per questo – dice – da luglio 2019, vista la riduzione del personale comunale dovuta a una serie di pensionamenti, è stato istituito un nuovo strumento: il Servizio liquidazioni. L’idea è che entro la fine dell’anno si riesca a sfoltire molto dell’arretrato – spiega – ma soprattutto tutto il contenzioso”. L’assessore consiglia alle cooperative alcune ‘mosse’ per accelerare i tempi di determine e mandati di pagamento, per esempio l’iscrizione alla white list della Prefettura per poter accorciare le procedure di certificazione antimafia. “Parlando dei problemi nella stesura delle determine – prosegue Mattina – anche quelli si possono motivare con problemi di personale: il pensionamento o il trasferimento dei dipendenti hanno comportato il passaggio delle pratiche ad altri, quindi tempistiche più lunghe. Sia chiaro che gli errori oggettivi dei dipendenti comunali ci sono stati, ma a onor del vero le disattenzioni avvengono da una parte e dall’altra”.

Quanto ai pagamenti delle banche lenti o bloccati, l’assessore risponde che “situazioni del genere sono dovute al fatto che anche gli enti pubblici presentano dei fattori di rischio: nel caso del Comune – spiega – ogni banca può valutare di rischiare una certa cifra e non oltre, in base a vari criteri. Quando le banche hanno già anticipato quella cifra e il Comune non le ha pagate, non possono andare oltre. Il problema in questo momento non è legato al rating, ma all’ammontare complessivo di fondi anticipati al Comune che si sono esauriti. Sappiamo perfettamente che i correttivi tentati finora non hanno dato i frutti previsti”.

Mattina intende sciogliere il nodo delle certificazioni di credito. “Il Comune le rilascia nel 99 per cento dei casi, anche se deve negare il credito. E lo fa sempre al trentesimo giorno, l’ultimo utile, per un motivo ben preciso: non tutte le cooperative richiedono la certificazione, e il Comune si prende tutto il tempo consentito dalla legge per non scavalcare chi non le ha richieste ma è comunque in lista da prima. Inoltre, quando la cooperativa legge che la pratica è in corso – aggiunge – non si tratta di aggiornamenti dal Comune ma di comunicazioni che arrivano dagli altri enti coinvolti nella verifica, come l’Inps. Va spiegato anche che il Tar non entra nel merito delle questioni – conclude Mattina riferendosi ai decreti ingiuntivi – ma emette solo un giudizio di ottemperanza, senza stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Alla fine, purtroppo, il rischio maggiore è che non riusciamo a garantire servizi efficienti. E a subire i ritardi complessivi della pubblica amministrazione saranno i più fragili: i ragazzi accolti e gli operatori”.

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