PALERMO – “Dall’ascolto della conversazione risulta assolutamente percepibile la frase rivolta al Pace dal Cuffaro: ‘… e vabè… fattillu venire ddà e ci duni i sordi…”. Sui “soldi dati” si registra lo scontro fra accusa e difesa.
I pm insistono
Nell’atto di appello la Procura insiste. Se il Tribunale del Riesame dovesse accogliere la tesi accusatoria andrebbe rivista la posizione, non solo di Totò Cuffaro, ma anche del deputato regionale della Democrazia cristiana, Carmelo Pace, del direttore del Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale, Giovanni Tomasino, e dell’imprenditore Alessandro Vetro.
Per tutti, dopo gli interrogativi preventivi di metà novembre, il giudice per le indagini preliminari ha respinto la richiesta di arresti domiciliari. Cuffaro c’è finito lo stesso, ma per la storia del concorso all’ospedale Villa Sofia di Palermo.
Il Riesame potrebbe respingere o accogliere il ricorso e stabilire che gli indagati meritino la misura cautelare. In ogni caso l’esecutività sarebbe bloccata dall’inevitabile ricorso delle difese in Cassazione.
La vicenda su cui la Procura insiste è quella della consegna dei soldi a casa Cuffaro. Per il Gip non sarebbe stata una tangente destinata a Tomasino, ma il “prezzo di una mediazione illecita” pagata da Vetro a Cuffaro.
I difensori di Cuffaro e Pace hanno contestato il contenuto della registrazione. Non si sentirebbe la parola chiave, “soldi’, nella parte finale della conversazione e cioè quando emergerebbe la consegna del denaro al pubblico ufficiale Tomasino. Solo in questo caso scatterebbe l’ipotesi della corruzione. Nella prima parte della conversazione è certo che si parlasse di soldi.
“La frase sui soldi c’è”
“Il proferimento di detta frase da parte del Cuffaro all’indirizzo del Pace, che si ribadisce si coglie anzitutto dal diretto ascolto della traccia audio – si legge nell’atto appello – è stato riscontrato non soltanto dalla polizia giudiziaria cui è stato espressamente delegato il riascolto, ma anche dal consulente trascrittore incaricato da questo ufficio. Né appare superfluo rilevare che la medesima frase è stata rilevata all’ascolto anche dal consulente incaricato dalla difesa di Vetro Alessandro, il quale tuttavia, erroneamente, ha ritenuto che essa fosse stata pronunciata dal Pace e nei seguenti termini ‘…e va beh, te lo fai venire là e gli dai i soldi di Massaro contro Filippo…’”.
Cuffaro e i soldi “per il futuro”
Secondo i pubblici ministeri, gli indagati calibrano le voci, abbassano il tono “nell’evidente consapevolezza di entrambi circa la natura illecita dell’argomento trattato e la possibile portata auto indiziante di talune frasi”.
Ad esempio Pace alzerebbe la voce scandendo la parola “devi”: “… Gigi alle undici devi venire in commissione”, per far capire al suo interlocutore l’urgenza di incontarsi all’Ars. I pm non hanno dubbi: i soldi che Vetro diede a Cuffaro “… per l’amicizia… per il futuro… se c’è bisogno un’altra gara…” sarebbero stati consegnati da Pace a Tomasino.
D’altra parte Cuffaro avrebbe rassicurato Vetro che Tomasino lo avrebbe aiutato: “… ti ho detto che la fa lui… la fa lui stai tranquillo… la fa lui…” diceva riferendosi alla commissione di una futura gara. Vetro si è difeso sostenendo che dopo quella conversazione partecipò alla sola gara per il “riefficientamento rete idrica della conca del fiume Delia alimentato dalla Diga Trinità” a Trapani.
Aperte le buste, però, l’8 aprile 2025 si piazzò al nono posto. “Un simile esito di per sé non osta comunque alla configurabilità del delitto in contestazione ben potendosi nel caso di specie l’intervento del pubblico ufficiale corrotto Tomasino – spiega la Procura – essersi manifestato nelle fasi antecedenti”. Ad esempio quando venne formulato il bando di gara. “Te la aggiusti e me la ridai…”, disse Cuffaro a Vetro.

