PALERMO – L’elenco degli imputati si apre con Giuseppe Arduino. Rischia 20 anni di carcere. Scarcerato nel 2020 dopo nove anni avrebbe preso in mano le redini del mandamento di Brancaccio. Per lui la Procura ha chiesto la pena più pesante al termine della requisitoria del pubblico ministero Francesca Mazzocco.
Le richieste di pena
Queste le altre richieste di pena: Alessio Salvo Caruso 10 anni (scampato all’agguato in cui fu ucciso Giancarlo Romano), Giuseppe Chiarello 10 anni, Damiano Corrao 10 anni, Sebastiano Giordano 10 anni, Antonio Mazzè 6 anni, Settimo Turturella 8 anni e 8 mesi, Vincenzo Vella 20 anni, Giovanni Iannitello 4 anni e 4 mesi, Giulio Matranga 7 anni, Francesco Lombardo 7 anni.
“Patto per i voti”
Lombardo era candidato al consiglio comunale alle elezioni amministrative del 12 giugno 2022, nella lista di Fratelli d’Italia. In concorso con Vincenzo Vella, della cosca di corso dei Mille, sono imputati per voto di scambio politico-mafioso. A svelare la richiesta di appoggio elettorale era stato un trojan piazzato nel telefono del boss, che era stato da poco scarcerato per un cavillo dopo una condanna a 20 anni per associazione mafiosa.

“Me li raccogliete una ventina di voti?”, diceva Lombardo. “Tu personalmente sì”, rispondeva Vella. Secondo l’accusa, Lombardo, che di mestiere fa il geometra, conosceva lo spessore criminale di Vella, già arrestato altre volte in passato e avrebbe messo sul piatto la propria disponibilità: “Non mi sono messo sempre a disposizione con voialtri a prescindere della politica?”.

Vella lo tranquillizzava: “Quelli nostri tutti li prendi”. “Se salgo io… io sono in commissione urbanistica, all’urbanistica… sono all’edilizia privata, hai capito che appena qua c’è un problema io… e tu mi chiami”, concludeva Lombardo davanti a una bancarella di frutta verdura in corso dei Mille.
Il boss ucciso
Furono tutti coinvolti nel blitz coordinato dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Francesca Mazzocco, Gaspare Spedale e Giacomo Brandini.
Giancarlo Romano, assassinato da Camillo Mira, reo confesso del delitto (avrebbe fatto fuoco per evitare di essere ammazzato) era considerato un “astro nascente del mandamento di Brancaccio“. Nell’elenco degli arrestati avrebbe dovuto esserci anche il suo nome, ma era stato freddato prima che scattasse il blitz. Il giorno in cui è stato ammazzato era andato a reclamare la quota imposta alla famiglia Mira che gestiva il giro di scommesse. Le telecamere hanno immortalato scene da Far West.

L’indagine si concentrò sulle famiglie di Brancaccio, Roccella-Guarnaschelli e Corso dei Mille. Hotel, officine meccaniche, bar, venditori ambulanti di street food: il pizzo si pagava a tappeto. Ancora una volta, come era emerso in passato, regnava il silenzio fra gli operatori economici che considerano le estorsioni come il male minore o, addirittura, un gesto di solidarietà. Si paga per paura, ma anche per convenienza e connivenza.
Una dozzina le estorsioni ricostruite dagli investigatori. Ci sono solo tre vittime parti civili: si tratta dell’imprenditore edile Giuseppe Piraino, dei proprietari dell’immobile che ospita un hotel e del capo di un cantiere che ricevette la visita degli uomini del racket.