Palermo, mafia: "Anziano ma potente, il boss deve stare in carcere"

Mafia: “Anziano ma potente, il boss deve stare in carcere”

Le motivazioni del nuovo arresto di Francesco Mulè

PALERMO – “La dichiarazione di nullità da parte del Tribunale della libertà della precedente ordinanza di custodia cautelare non pregiudica la possibilità per il pubblico ministero di reiterare la richiesta cautelare”.

Così scrive il giudice per le indagini preliminari Filippo Serio, richiamando una sentenza della Corte di Cassazione del 2019, nella nuova ordinanza che ha riportato in carcere Francesco Mulè, arrestato a metà dicembre con l’accusa di essere il capo della famiglia mafiosa di Palermo Centro e scarcerato pochi giorni dopo.

Secondo il Riesame, non erano state sufficientemente motivate le esigenze cautelari che vanno inquadrate come “eccezionali” per giustificare l’arresto di un uomo che ha superato i 70 anni. E così Mulè aveva potuto trascorrere le festività natalizie a casa.

“Altro che boss, sono un pensionato”

“Sono un pensionato”, disse nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Secondo i pubblici ministeri, avrebbe mentito. Così emergerebbe dalla “mole” di materiale investigativo a suo carico.

“È emerso il particolare attivismo con ruolo apicale dell’indagato in tutti gli affari gestiti dall’associazione nei territori di competenza e l’esercizio da parte dello stesso di un concreto potere di comando basato sul riconoscimento di speciale autorevolezza all’interno della consorteria”, scrive il giudice.

“Anziano, ma sempre capo”

Che aggiunge: “L’età anagrafica superiore a 70 anni non ha impedito all’indagato di assumere la direzione della cosca mafiosa e il comando di fatto di tutte le attività illecite riferibili dell’associazione mafiosa, dalle estorsione al controllo della vendita di sigarette di contrabbando”.

Il summit in ospedale

Era “riconosciuto dai sodali quale autoritario ed esclusivo punto di riferimento della famiglia di Palermo Centro”. Lo dimostrerebbe il fatto che si sia incontrato “con altri esponenti mafiosi di eccezionale e spessore quale Tommaso Lo Presti”. Uno dei summit è stato ricostruito dai carabinieri. Si è svolto all’ospedale Civico grazie alla mediazione di qualcuno che addirittura si era attivato “per preparare una stanza” e far sì che i boss potessero parlare in maniera riservata.


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