Palermo, le inaspettate feste a casa del "capomafia"

Palermo, le inaspettate feste a casa del “capomafia”

Francesco Mulè è stato scarcerato, ma per i pm è il "boss di Palermo Centro"

PALERMO – Tutti in carcere, tranne l’uomo a cui la Procura della Repubblica contesta il ruolo di capo della famiglia mafiosa di Palermo Centro. Francesco Mulè ha fatto in tempo a trascorrere il Capodanno a casa. Il Tribunale del Riesame lo ha scarcerato il 29 dicembre. L’unico tornato in libertà dopo il blitz dei carabinieri che ha coinvolto nove persone.

Il presunto capomafia è indagato a piede libero, mentre si trovano in cella coloro che avrebbero risposto ai suoi ordini. Francesco Mulè, 77 anni il prossimo 24 febbraio, entra in ogni passaggio dell’inchiesta. Lo hanno pedinato e intercettato dal giorno successivo alla sua scarcerazione, avvenuta nel 2018. Stava scontando tre ergastoli per altrettanti omicidi e approfittò di un’inaspettata finestra aperta da una legge, la Carotti, subito dopo abrogata.

Si incontrava con gli altri boss di Porta Nuova, “i pilastri del mandamento”. I carabinieri hanno monitorato i summit Tommaso Lo Presti, detto “il lungo”, e Giuseppe Di Giovanni. Hanno scoperto che sarebbe stato lui a negare in un primo momento e a consentire poi il rientro nella famiglia mafiosa di Salvatore Gioeli che per Mulè era disposto a tutto. “Se tu me lo chiedi, io mi vado a buttare pure da una montagna”, diceva giurando fedeltà eterna al suo capo.

Mulè sarebbe stato il mandante di una sfilza di estorsioni subite, in silenzio, dai titolari di un bar e di un ristorante, da un edicolante, da “quello delle sigarette”, “quello dello sgombro”, dal “tunisino”, da “quello dei tavolini” e dal “tizio delle torte”. Con il figlio Massimo discuteva del pizzo imposto a tappeto alle “bancarelle” dei mercati storici. Gioeli e Mulè jr sono in carcere, mentre Mulè senior è libero.

Le microspie hanno svelato la raccolta del denaro che, secondo l’accusa, sarebbe frutto delle estorsioni. “Ora sto scendendo e mi faccio dare gli ultimi… “, diceva a Mulè Giuseppe Mangiaracina, pure lui rimasto in carcere dopo il ricorso al Riesame.

I soldi finivano nella cassa detenuta nel negozio di toilettatura per cani gestito dal nipote di Mulè che vi attingeva a suo piacimento tanto attirarsi le critiche per la iniqua spartizione. “Duecento, noialtri 80, ma nooo: 200 e noialtri 10, Niente”, protestava Gioeli.

Il Tribunale del Riesame lo ha scarcerato. L’unico fra gli arrestati del blitz. Non si conoscono ancora le motivazioni. Vista la mole di accuse potrebbe trattarsi, come sostenuto dagli avvocati della difesa, Giovanni Castronovo Marco e Valentina Clementi, di un difetto di motivazioni dell’ordinanza di custodia cautelare. Per le contromosse della Procura, che ci saranno, si dovranno comunque attendere i 45 giorni che il Riesame ha previsto per motivare la decisione.


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