PALERMO – Giuseppe Sansone è un boss irredimibile, arroccato nei valori di Cosa Nostra, ma non ha più legami con le imprese dei figli. Il padre è socialmente pericoloso e merita la sorveglianza speciale, mentre è stata respinta la proposta di sequestro di altre imprese e revocata la confisca della Sanedil di Roberto Sansone. Tornano ai proprietari anche i mezzi aziendali, i rapporti bancari e i conti corrente. Questa in sintesi la decisione dei giudici del Tribunale e della Corte di Appello per le misure di prevenzione.
Il vecchio boss Giuseppe Sansone
Esponente di spicco della famiglia mafiosa di Uditore inserita nel mandamento mafioso di Passo di Rigano–Boccadifalco, di Pino Sansone, oggi detenuto, si è iniziato a parlare negli anni Novanta. Era un uomo fidato di Totò Riina, che nella villa dei Sansone, in via Bernini, aveva trascorso l’ultima parte della sua latitanza. Stesso ruolo per i fratelli Gaetano e Agostino.
La famiglia Sansone era il braccio operativo del padrino corleonese nell’edilizia. Secondo la ricostruzione della Procura, ad un certo punto Giuseppe Sansone avrebbe fittiziamente trasferito la titolarità dei beni ai figli per evitare il sequestro.
L’ultimo dei fratelli a finire nei guai giudiziari è stato Agostino Sansone, subentrato ai fratelli nella gestione degli affari su cui aveva messo le mani un altro vecchio boss, Francesco Bonura. Sono stati entrambi arrestati dalla polizia lo scorso febbraio. L’inchiesta svelò anche il malcontento che sarebbe serpeggiato nel quartiere per i metodi usati da Roberto Sansone per aggiudicarsi lavori da privati.
Le altre imprese mai sequestrate
La sezione del tribunale per le Misure di prevenzione lo scorso luglio aveva respinto la proposta di confisca avanzata dalla Procura per altre due imprese edili (mai attinti dunque da alcun provvedimento), ritenendo che non ci fosse prova della continuità di interessi del padre Giuseppe Sansone nelle imprese passate ai figli.
La Procura non ha fatto appello e il provvedimento che ha bocciato la proposta di confisca è così diventato definitivo. Il tribunale, aveva, però confiscato in primo grado la Sanedil. A presentare appello è stato l’avvocato Tommaso De Lisi, difensore di Roberto Sansone.
Contestualmente alla decisione di applicare a Giuseppe Sansone la sorveglianza speciale e l’obbligo di soggiorno per quattro anni e mezzo, la Corte di Appello ha revocato la confisca della Sanedil.
Sansone socialmente pericoloso
Nessun dubbio sul ruolo mafioso del settantenne Sansone: “La natura della partecipazione all’associazione mafiosa si è atteggiata con un tale grado di compenetrazione rispetto ai fini dell’associazione stessa da lasciar ragionevolmente presumere che i suoi legami con il sodalizio non solo fossero stabili e duraturi ma si proiettassero fisiologicamente verso il futuro”.
I giudici sottolineano “il suo pieno inserimento nella vita e nelle dinamiche del sodalizio, l’assenza di qualsivoglia presa di distanza da quei contesti criminali“. Non ci sono “segnali di reale dissociazione
dalla consorteria di appartenenza, dando prova di intrapresi percorsi rieducativi specificamente rinneganti il sistema ideologico negativo a cui ha aderito in termini di stabile e organico inserimento nella consorteria mafiosa”. Il boss, che per motivi di salute, aveva trascorso un periodo agli arresti domiciliari nel 2014 è tornato in carcere.
Restituita la Sanedil
La Sanedil, un tempo di proprietà di Pino Sansone e della moglie, è stata venduta al figlio Roberto nel 2008. Secondo l’accusa, solo fittiziamente: il figlio non avrebbe avuto la disponibilità economica per acquisirla e il padre sarebbe rimasto il vero dominus.
Di avviso opposto, la quarta sezione della Corte di appello presieduta da Aldo De Negri che nel decreto del 23 aprile scorso scrive: “Non è stato prospettato alcun elemento concreto da cui inferire che il superiore acquisto e il correlato pagamento del prezzo siano stati simulati, né risulta che la somma pagata ai genitori fosse inferiore al valore dell’azienda”. Dunque è stata acquisita usando soldi leciti.
Ed ancora: “Non è ravvisabile una direzione unilaterale della predetta impresa ad opera di Sansone Giuseppe ma, al più, un’attività di consulenza a favore del figlio“. E così dopo che a causa del copia e incolla il boss Bonura ha salvato i suoi beni, ora vengono restituiti quelli alla famiglia Sansone.

