PALERMO – La novità è venuta fuori in aula. C’è un secondo indagato per concorso nell’omicidio di Giuseppe Incontrera, il boss assassinato alla Zisa a fine giugno dell’anno scorso. Si tratta di Salvatore Bellomonte, proprietario di un terreno nel rione Danisinni.
Da testimone a indagato
Al processo che vede imputato Salvatore Fernandez, reo confesso, il pubblico ministero Gaspare Spedale ieri ha citato come testimone Bellomonte, il quale ha scoperto in aula di essere finito nel registro degli indagati. Era obbligatorio informarlo affinché il testimone scegliesse se rispondere o meno alle domande. “Ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere – spiega il suo legale, l’avvocato Domenico Cacocciola – perché a parte il titolo di reato null’altro si sa. Ci riserviamo ogni iniziativa se e quando verremo a conoscenza degli atti”.
Il giallo del capannone
Nei giorni successivi al delitto Bellomonte fu convocato dai carabinieri. Disse di conoscere Fernandez perché la vittima parcheggiava il motorino nel suo terreno dove ci sono dei capannoni. In effetti, alle 5:48 del giorno dell’omicidio, Fernandez è stato inquadrato mentre si allontanava in moto dal terreno. Andò a prelevare la pistola con cui uccise Incontrera in via Principessa Costanza? Vi fece rientro dopo il delitto, preceduto dal pedinamento della vittima fin dalle 7:18 del mattino. Quando i carabinieri andarono a perquisire il capannone non trovarono il mezzo. Da qui l’ipotesi che possa essere stato smontato a pezzi e caricato su una Moto Ape inquadrata da una telecamera mentre si allontana dal fondo agricolo.
Imputato reo confesso
Incontrera era un boss emergente. Il delitto sarebbe stato premeditato, ma senza aggravante mafiosa nonostante la caratura criminale della vittima che si era fatta largo nel mandamento di Porta Nuova. Nella sua confessione Fernandez disse “Ho ucciso Giuseppe Incontrera, l’ho ucciso venerdì mattina. Abbiamo avuto una lite qualche mese fa per un incidente che abbiamo avuto nel quartiere. Io ero con il mio motore e lui con il suo. Il mio motore era uno Scarabeo che poi ho venduto”.
Dopo lo scontro “ci siamo litigati con le mani – raccontò Fernandez -. Abbiamo cominciato assieme. Ci siamo presi a schiaffi. Poi ci hanno separato e ce ne siamo andati a casa”. Quindi concluse: “Non ho paura di niente. Non sono pentito di niente. Non voglio dire nient’altro”. Negli ambienti mafiosi e non solo era nota l’indole rissosa e i metodi spesso violenti con cui Incontrera gestiva le piazze della droga. È sulla mancata premeditazione che l’avvocato Salvatore Ferrante punterà la sua strategia difensiva.