La Consulta alla Regione: non usare i soldi della sanità per i debiti

La Consulta bacchetta la Regione sulla spesa dei soldi della sanità

Dichiarata l'incostituzionalità di un articolo. In ballo 250 milioni

PALERMO – La Regione siciliana ha pagato il mutuo per i debiti della sanità con i soldi destinati a garantire i livelli essenziali di assistenza per i cittadini. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di un articolo della Finanziaria del 2016 che inciso sui conti pubblici fino al 2021. In ballo ci sono 250 milioni di euro, ma è ancora una stima. Dalla Regione comunque minimizzano l’impatto sulle casse regionali.

A sollevare la questione di legittimità costituzionale è stata la Corte dei conti su ricorso proposto dalla Procura generale contabile. Il tema riguarda la parifica del rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2019.

La contestazione della Corte dei conti

Il pubblico ministero contabile, l’anno scorso, ha contestato l’inserimento nel perimetro sanitario di una spesa ritenuta ad esso estranea, poiché relativa all’ammortamento di un mutuo contratto con lo Stato.

La norma regionale censurata, in particolare l’art. 6 della legge 3 del 2016, ha stabilito che per pagare un finanziamento concesso nel 2007 dal ministero dell’Economia alla Regione siciliana per ripianare i debiti del sistema sanità si potesse utilizzare una quota del fondo sanitario. Il finanziamento serviva per l’estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005.

Opeazione illegittima

Secondo la Corte dei Conti, si è trattato di un’operazione illegittima. Non si possono sottrarre risorse economiche per garantire l’assistenza sanitaria dei cittadini e spenderli per pagare altri debiti. Il fondo sanitario va messo al riparo perché in ballo ci sono le cure riservate ai cittadini a cui spettano livelli essenziali di assistenza, i Lea.

Secondo la Corte de Conti, l’articolo 6 “inciderebbe sulla corretta determinazione del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, ossia sull’oggetto del giudizio di parificazione”. In soldoni, il bilancio 2019 non sarebbe veritiero, ma “alterato”.

La Regione si difende

La Regione siciliana si è costituita in giudizio in data 9 marzo 2022, chiedendo di dichiarare l’inammissibilità e comunque la non fondatezza delle questioni sollevate. Innanzitutto la Regione si è difesa sostenendo che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 era stata già eccepita dal pubblico ministero contabile nel giudizio di parifica innanzi alle Sezioni riunite siciliane e che queste l’avevano dichiarata inammissibile.

Nel merito la difesa regionale contesta la “prospettazione assiomatica di insufficienza di risorse finanziarie sul fondo sanitario, da cui deriverebbe una inadeguata erogazione dei Lea nel corso dell’anno 2019”, non apparendo tale tesi “sostenuta da specifici elementi a supporto ed anzi risultando contraddetta dall’analisi delle risultanze finanziarie validate dai tavoli tecnici ministeriali”. In ogni caso la disposizione avrebbe esaurito i suoi effetti dal 1° gennaio 2022, data in cui è stata abrogata.

Infine la Regione avrebbe comunque previsto uno stanziamento di importo almeno pari alle rate annue del prestito. Si parla complessivamente di 250 milioni già accantonati due anni fa e pronti per essere riversati sul fondo sanitario. Resta da capire l’eventuale impatto reatroattivo per il 2107 e 2018. Se ciò avvenisse servirebbero altri 250 milioni al nuovo governo regionale per mettere a posto le cose. Per il 2021 le rate del mutuo sono state coperte quasi interamente, tranne 40 milioni di circa, con altri fondi. Nessun problema per l’anno in corso, visto che la norma è stata abrogata.

La Corte costituzionale ha dato ragione alla Corte dei conti e torto alla Regione. L’articolo è incostituzionale perché “attraverso la norma censurata, la Regione realizza un’operazione che, a fronte della diminuzione delle risorse per i Lea, amplia la capacità di spesa nel settore non sanitario, cioè ordinario, del bilancio regionale (sul quale, invece, dovrebbe gravare l’onere dell’ammortamento del prestito)”.


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