PALERMO – “Club del potere”, “azione di terrorismo”, “gioco al massacro”, “stai attento”. Si potrebbe continuare a lungo. Il secondo capitolo dell’inchiesta “Sorella sanità” e il blitz dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, conferma che la sanità, appunto, è terreno di caccia di dirigenti pubblici e imprenditori senza scrupoli. “Cammelli con le gobbe”, così venivano chiamate le mazzette. “Tante gobbe” facilitavano le cose.
Damiani, una carriera sempre in ascesa
Attorno a Fabio Damiani ruotava un sistema di tangenti che egli stesso ha contribuito a svelare. Era arrivato all’Asp di Palermo nel 2003 come responsabile del settore economico-finanziario e provveditorato. In precedenza era stato dipendente amministrativo dell’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello, sempre a Palermo, e nel 2013 commissario liquidatore dell’ente di formazione Ciapi.
Nel maggio 2016 Damiami diventa l’uomo chiave degli acquisti per la sanità siciliana. Viene chiamato a guidare la Centrale unica di committenza, creata con una norma della Finanziaria regionale e che recepisce le norme nazionali sugli appalti. Una sorta di “Consip” siciliana. Dalle sue mani passano gare per miliardi. In realtà la centrale unica non è mai entrata a pieno regime.
Nel novembre 2018 Damiani viene scelto per ricoprire il ruolo di commissario straordinario dell’Asp di Trapani. Una carriera da superburocrate la sua, capace di resistere all’alternanza politica. Vicino a Forza Italia, poi uomo della stagione di Rosario Crocetta al grido legalità, legalità, infine meritevole della fiducia di Nello Musumeci.
Centrosinistra e centrodestra si passavano il testimone e Damiani, il competente Damiani, restava in sella. Concentrava il potere nelle sue mani e i soldi delle tangenti nelle sue tasche. Almeno così è convinta la Procura di Palermo, seppure lui abbia sempre detto che la cifra sia inferiore a quella che gli viene contestata.
Appalti per 700 milioni
Stavolta l’inchiesta complessivamente avrebbe fatto emergere tangenti per 700 mila euro a fronte di appalti per 700 milioni. Sì, 700 milioni per potenziare la malandata sanità siciliana che arranca nella qualità e nella quantità dei servizi e delle prestazioni offerte ai cittadini.
Manganaro ha giustificato certi suoi comportamenti, definendoli una “risposta ai diversi gruppi di potere che si muovevano in Asp”. E ha fatto i nomi di chi li rappresenterebbe questi gruppi. Non tutti sono stati raggiunti da un provvedimento giudiziario, sia nella prima che nella seconda inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Giovanni Antoci, Giacomo Brandini e Andrea Zoppi.
Potrebbero non avere avuto colpe, oppure sono ancora al centro dell’inchiesta che ha svelato e confermato quanto facile fosse truccare o pilotare una gara.
Le “pressioni” di Misuraca
Nell’ordinanza sono riportate le parole di Damiani che accusa l’ex deputato Dore Misuraca. Si parla di pressioni dall’esponente politico per la gara dell’ossigenoterapia. Pressioni “affinché il manager favorisse l’impresa Medicair”. Si tratta di un capitolo dell’incohiesta ancora aperto.
“Un importante riscontro di quanto riferito da Damiani è stato acquisito dai dispositivi telefonici a lui sequestrati, che contenevano le registrazioni di due conversazioni, databili 9 giugno 2017, intercorse proprio con l’onorevole Misuraca in cui il deputato si legge ancora – effettivamente si poneva nei confronti di Damiani in una posizione di superiorità, rammentando le raccomandazioni favorite all’alto burocrate per i suoi incarichi dirigenziali, e chiedendo in maniera perentoria di favorire l’impresa. Anche in questa occasione si coglie l’atteggiamento di favoritismo di Damiani per Vivisol, che condivide le preoccupazioni rispetto all’aggressione verbale del Misuraca con Manganaro”.
L’hotel di lusso
A volte bastava che un imprenditore pagasse un albergo di lusso per assecondare il manager. I primi due giorni di settembre 2016 Damiani soggiornò presso l’Hotel Mandarin Oriental sul Lago di Como. Il conto – poco più di novemila euro – fu pagato da Salvatore Manganaro, che sarebbe poi divenuto il suo imprenditore di riferimento, e dall’impresa Vivisol.
Solo che i soldi furono accreditati direttamente sulla carta di credito di Damiani che temette di essere smascherato. Nel 2017 la commissione di gara, presieduta da Damiani, decretò la vittoria di Vivisol per l’ossigenoterapia a domicilio. Fu poi il Tar ad annullare la gara. Altre volte filò tutto liscio.