PALERMO – Non c’è la prova della notifica. L’Inps non può avere indietro la somma erogata per l’indennità di accompagnamento riconosciuta e poi revocata ad un minorenne.
Nel 2012 la mamma del bambino ha presentato la domanda all’Istituto di nazionale di previdenza sociale. Domanda accolta. Ad una successiva visita di revisione l’indennità è stata revocata. Solo che l’Inps ha continuato ad erogarla fino a un anno fa quando ha chiesto la restituzione di 32 mila euro. La madre ha fatto ricorso, affidandosi all’avvocato Salvatore Costa.
La legge prevede che “venuto meno il requisito sanitario, l’Istituto avrebbe dovuto disporre l’immediata sospensione dell’erogazione del beneficio in godimento e provvedere entro i novanta giorni successivi, alla revoca delle provvidenze economiche a decorrere dalla data della visita di verifica”.
L’avvocato Costa ha fatto emergere che il “relativo verbale di visita non è stato stato regolarmente inviato al ricorrente. L’atto non è stato recapitato (nella ricevuta di ritorno della raccomandato si legge “impossibile recapito – destinatario sconosciuto”. Il giudice del lavoro Antonella Di Maio ha stabilito che la donna “in assoluta buona fede ha percepito i soldi e non si è trovata nelle condizioni di potere impugnare il provvedimento”.