Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Salvatore Cuffaro, segretario nazionale della Democrazia cristiana.
Il dibattito di questi ultimi mesi sul ruolo della Democrazia Cristiana, sulle sue alleanze presenti e future e sul mio personale impegno all’interno di essa, caratterizzato talvolta da un’ostilità manifestata ben oltre i canoni del confronto politico, mi inducono ad intervenire all’insegna di una radicale chiarezza.
Il carcere, per chi crede nei sogni, può essere vissuto non solo come dolorosa perdita delle libertà ed estromissione dalla vita sociale, ma anche come un tempo di raccoglimento e di riflessione. Una vicenda che può far parte della storia dell’uomo e, se si vuole, se ne può far tesoro. Bisogna, però, avere la disponibilità d’animo di procedere senza fermarsi davanti alle polemiche, riconoscendo con umiltà, sospinto da quelle domande decisive che il cuore porta scritte dentro di sé e che il dolore acuisce, gli orizzonti aperti dall’esperienza vissuta in grado di restituire speranza. Non ho meriti specifici per parlare a tante persone ed elettori, né pretendo di essere compreso.
Ho vissuto tante cose nella mia vita, il successo e la caduta, tanta fiducia e tanto disprezzo. Credo di aver attraversato tale contraddittoria sequenza di circostanze all’insegna di quel rispetto che ho sempre manifestato verso tutti in forza del preminente valore della dignità di ogni persona, così come delle Istituzioni, che sin da piccolo sono stato educato a riconoscere.
Oggi sento il dovere, per il tramite della mia passione politica, di dare una rinnovata testimonianza di amore per la mia terra, al saldo di errori e incomprensioni, nella consapevolezza che c’è tanta storia umana da far vincere. Credo si tratti un debito da onorare innanzitutto nei riguardi dei tanti giovani e delle tante donne che, grazie alla nostra proposta, stanno riscoprendo una passione e un desiderio di partecipazione che molti credevano definitivamente archiviati dalla storia e che, invece, mostrano una crescente e rinnovata vivacità.
Un primo punto voglio ribadirlo con assoluta fermezza: non c’è nessuna pretesa né voglia di candidatura, che pure la legge mi consentirebbe! C’è un tempo per ogni cosa e credo che proprio la storia di questi anni, col suo carico di errori, di sofferenza e di riscatto, mi impongano un passo e una responsabilità diversi ai quali, tuttavia, non intendo affatto sottrarmi.
Sotto questo profilo avverto come compito quello di spendermi pienamente per consolidare il cammino intrapreso, favorendo un compiuto passaggio di testimone generazionale. Si tratta di una condizione necessaria a garantire che il processo di impegno politico in atto cessi di essere identificato con una sola persona, ferma nella sua passione quanto nella consapevolezza dei limiti indotti dalla sua storia, e non, invece, con le ragioni di una intera comunità politica che si sta aggregando a partire da un profilo identitario chiaro, nel solco ideale del PPE.
Proprio in tale prospettiva ritengo, infine, mio indefettibile obbligo morale quello di preservare, quale vero e proprio valore collettivo, la capacità attrattiva di questa comunità politica, obiettivo per il quale sono già al lavoro, insieme ai diversi organi locali e regionali e nazionali di partito, per rafforzare ulteriormente gli strumenti e le regole interne già in campo per garantire l’irrinunciabile selezione della classe dirigente così come dei semplici partecipanti.
La DC è tornata ad essere un ambito di partecipazione alla vita politica all’insegna di una tradizione ideale che le sfide del tempo presente mostrano più viva e attuale che mai. Un’attualità che torna ad esprimersi concretamente nella convinzione di tante coscienze cosí come nella capacità di elaborare e sostenere quelle proposte che crediamo utili per il presente ed il futuro dell’Italia.