PALERMO – La sentenza è stata ribaltata. I giudici di appello azzerano la condanna a sette anni inflitta in primo grado ad Alfonso Ferrante, imputato per estorsione e usura.
Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Mauro Torti, Valentina Castellucci e Corrado Nicolaci, nel corso del processo di secondo grado ha picconato la ricostruzione della presunta vittima, parte civile e grande accusatore.
“Unico accusatore, senza alcun riscontro”, hanno tuonato i difensori. La parte civile entrò in ballo quando venne convocata dagli investigatori per la presunta ricettazione di un assegno risultato di provenienza illecita. In quell’occasione disse di averlo dato all’imputato spinto dalla disperazione. Non sapeva come pagare i prestiti del presunto strozzino. Aggiunse di essere finito nella sua rete da anni, di essere stato picchiato in strada e minacciato con una pistola giocattolo.
La difesa ha replicato: non ci sono testimoni delle violenze, né referti medici e neppure strani movimenti bancari riferibili a Ferrante che ha sempre condotto una vita modesta. Da qui il dubbio che le accuse mosse dalla vittima all’imputato fossero servite solo per difendersi dall’accusa di avere ricettato un assegno.
In realtà, secondo la difesa, altro non erano che soldi da restituire a Ferrante. Un anticipo per dei lavori edili mai portati a termine dalla presunta vittima.