PALERMO – “Io mi occupavo di estorsioni e di riscuotere in varie bancarelle, tutta Palermo centro, delle sigarette. Dove le devono mettere, quanto mi devono dare al mese”: sono le prime parole del neo pentito di Porta Nuova Alfredo Geraci.
Il verbale reso ai pubblici ministeri Amelia Luise e Luisa Bettiol è stato depositato dal pm Francesca Mazzocco nel processo in cui Geraci è imputato assieme ad altri presunti affiliati al mandamento di Porta Nuova. Geraci è stato arrestato lo scorso settembre ad Altofonte dagli agenti della sezione Catturandi della squadra mobile e da un mesi collabora con la Procura della Repubblica.
In realtà dai primi racconti emergono le conoscenze di Geraci, attivo soprattutto a Ballarò, su vicende che riguardano altri mandamenti. Geraci era diventato uomo di fiducia del boss Alessandro D’Ambrogio per conto del quale imponeva il pizzo a titolari di bar e pub, ma si occupava anche di organizzare incontri.
“Mi ricordo l’appuntamento che mi è rimasto impresso – racconta -, c’erano malumori perché praticamente si diceva che Giuseppe Fricano (reggente del mandamento di Resuttana e oggi detenuto ndr) non era all’altezza di gestire il mandamento, dicevano che c’erano i Madonia seccati, dicevano che c’era Vito Galatolo nervoso per questa cosa. Così un giorno Alessandro (D’Ambrogio, ndr) mi chiamò e mi disse ‘Alfredo vedi se puoi trovare un appartamento perché dobbiamo fare un appuntamento”.
L’incontro fu organizzato fra il 2012 e il 2013 in una casa “in via Albergheria 97, tra cui i partecipanti erano Vito Galatolo che scendeva da Venezia (il boss dell’Acquasanta non era ancora diventato un collaboratore di giustizia), Tonino Lipari, Giuseppe Fricano e Alessandro D’Ambrogio… e Tonino Lauricella che era responsabile della famiglia di Villabate. Mi ricordo benissimo che a Galatolo lo andò a prendere Giuseppe Di Maio in vicolo Pipitone”. Fu l’occasione in cui “era stata fatta la presentazione di Tonino Lipari che era stato fatto uomo d’onore di Alessandro D’Ambrogio”.
Si tratta dello stesso incontro in cui Galatolo, pure lui divenuto collaboratore di giustizia, ha detto che si parlò dell’attentato al magistrato Nino Di Matteo, ex pm a Palermo e ora al Consiglio superiore della magistratura. Geraci, che quel giorno aveva solo il compito di aprire il portone della palazzina, conosce gli argomenti trattati solo perché gli fu successivamente riferito da altri. Nel primo verbale depositato di Geraci si parla dell’incontro all’Albergheria, ma non si fa riferimento alla storia dell’attentato. Galatolo ha riferito delle lettere inviate dal latitante Matteo Messina Denaro a Girolamo Biondino per dare il via libera all’attentato, ma non sono stati trovati riscontri e tre anni fa l’inchiesta del pm nisseni è stata momentaneamente archiviata.
I pm rivolgono a Geraci una domanda esplicita: “Lei ha ricevuto altre confidenze da Alessandro D’Ambrogio e Nino Ciresi su questa riunione?” Riposta: “Per quanto riguarda questa riunione no , parlavano solo di questo fatto che lui si doveva comportare bene… di Fricano”. Avrebbe solo ricevuto qualche successiva confidenza che non alzerebbe il livello di conoscenza che i magistrati hanno sulla vicenda del progetto di attentato.
Le indagini della procura di Caltanissetta sul progetto di attentato si sono concluse con l’archiviazione. Agli atti ci sono già le dichiarazioni di Galatolo e Silvio Guerrera, che avevano un rango superiore di Geraci, utilizzato per il lavoro sporco del racket, e che hanno fornito versioni contrastanti sulla storia dell’attentato sui partecipanti alla riunione.
Una volta finito l’incontro “Alessandro dice che Galatolo ha fatto il segnale della pistola ‘se c’è da mettere mano nella pistola… non gestiva bene il mandamento e a lui ci arrivavano pochi soldi, ai carcerati”.
Fricano, che era stato sponsorizzato proprio da D’Ambrogio, alla fine sarebbe stato messo da parte, sia perché la sua reggenza aveva creato malumori sia perché tra i clienti della sua officina meccanica c’erano anche le forze dell’ordine.
Geraci parla di pizzo imposto a “tutti i locali di via Candelai (dove lui stesso aveva un pub ndr), tutti pagano non c’era uno che non pagava se succedeva qualche cosa qualche lite venivano da me”.
Ad esempio “è successo con Litterio Maranzano che è dello Zen praticamente questo arrivava con il branco, arrivava e dava schiaffi a chiunque. Un giorno io sono uscito, gli ho detto ‘io appena tu vieni qua vieni a fare di nuovo questi discorsi te ne vai come uno scolapasta’… quello che era con me ha fatto subito le telefonate e ha fatto arrivare quasi tutta Ballarò”.
Maranzano si meritò una punizione: “Sono andato da Sandro Diele (per un periodo uomo forte allo Zen, ndr), ho fatto venire pure a questo Gaetano Maranzano (altro personaggio noto alle forze dell’ordine e cugino di Litterio, ndr) e siamo andati a svegliare al signor Litterio… eravamo lì dentro e io ho detto ‘hai visto che ti sono venuto a trovare’ il cugino gli ha dato due schiaffi, ‘tu non ti devi permettere di andare a casa degli altri e andare a disturbare”.