Guerrera, quel summit a Ballarò | L'attentato e Galatolo - Live Sicilia

Guerrera, quel summit a Ballarò | L’attentato e Galatolo

I due pentiti erano entrambi presenti, seppure con ruoli diversi, alla riunione del 9 dicembre 2012, giorno in cui, in un appartamento del rione Ballarò, si discusse anche dell’organizzazione dell’attentato ai danni del pubblico ministero Antonino Di Matteo.

Palermo - Mafia
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PALERMO – Poteva aiutare gli investigatori a chiarire una serie di interrogativi. Che, invece, restano irrisolti. Non solo, il pentimento di Silvio Guerrera ne aggiunge di nuovi. Gli avvocati si spingono a dire che il neo collaboratore “ha smentito Vito Galatolo” su uno dei più delicati avvenimenti della storia recente.

È stato necessario mettere Guerrera a confronto con Galatolo. Fra i loro racconti, però, restano delle discrepanze. Entrambi erano presenti, seppure con ruoli diversi, al summit del 9 dicembre 2012, giorno in cui, in un appartamento del rione Ballarò, si discusse, tra le altre cose, dell’organizzazione dell’attentato ai danni del pubblico ministero Antonino Di Matteo.

“Il racconto di Guerrera – tuona l’avvocato Salvatore Petronio che assiste Girolamo Biondino e Vincenzo Graziano, due dei quattro presunti partecipanti alla riunione – conferma che non ci sono riscontri a quanto riferito da Galatolo, che viene smentito”.

Galatolo, boss dell’Acquasanta, è stato il primo a parlare dell’attentato e dell’ordine per eseguirlo arrivato direttamente da Matteo Messina Denaro. “Attorno alle ore 17.30-18.00, ricordo che pioveva, venne a casa mia Nino Ciresi – aveva messo a verbale il rampollo dello storico clan mafioso – che mi diede appuntamento, dopo mezz’ora, a Corso Tukory, ove andai accompagnato o da mio suocero o da Santo Graziano. Lì mi venne a prendere Onofrio Lipari, detto Tonino, uomo d’onore della famiglia di Palermo centro, e ci recammo al quartiere Ballarò ove salimmo in un appartamento sito all’ultimo piano. Lì c’era Alessandro D’Ambrogio – ha proseguito – che era quello che aveva la disponibilità dell’appartamento, Masino Contino capofamiglia di Partanna Mondello, Silvio Guerrera, capofamiglia di Cardillo e successivamente ci raggiunse Girolamo Biondino. Ricordo che vi era anche Vincenzo Graziano”. Si discusse di uomini e ruoli della nuova mafia, ma per parlare dell’attentato si sarebbe poi svolta una riunione riservata alla sola presenza di Galatolo, Graziano, D’Ambrogio e Biondino.

Qualche settimana fa si è pentito Silvio Guerrera, reggente della famiglia di Tommaso Natale. Inevitabile che i pm gli chiedessero notizie sulla riunione. Il neo pentito aveva scritto ai magistrati per chiedere di essere sentito. E il 19 ottobre scorso era seduto davanti ai pm. Innanzitutto ha raccontato di avere deciso di rompere con Cosa nostra “perché non voglio passare i miei ultimi anni in galera” e poi perché non crede più ai principi dell’organizzazione. Ma soprattutto perché “sono preoccupato per quanto ho sentito in merito al mio coinvolgimento nella pianificazione di un attentato a danno del dottore Di Matteo… non ho mai saputo nulla in merito, se mi fossi reso conto di tale piano criminale avrei potuto manifestare la mia contrarietà”.

Fin qui nessuna discrepanza. Galatolo ha sempre detto, infatti, che Guerrera non partecipò al vertice ristretto, non aveva il rango mafioso che serviva. Ci sono, però, alcuni particolari per i quali è stato necessario mettere a confronto i due collaboratori che sono rimasti fermi nei loro ricordi. Si tratta della presenza alla riunione di Graziano e Biondino. Nel primo caso Guerrera ha dichiarato che “certamente non conoscevo all’epoca Vincenzo Graziano” e può solo dedurre “che non fosse presente alla riunione”. Una deduzione, nulla di più. E su Biondino che bisogna approfondire. Stando alla ricostruzione di Guerrera, il reggente del mandamento di San Lorenzo sapeva che Galatolo aveva bisogni di incontrarli: “Glielo abbiamo fatto sapere di giorno… però lui dice, la sera non può uscire… perciò ci siamo incamminati e lui mi ha detto ‘no andateci voi e vedete che cosa è successo’, che lui purtroppo non ce la faceva di tornare a casa, avendo un controllo subito lo arrestavano”. Biondino, infatti, era obbligato a rientrare nella sua abitazione entro le venti.

Quindi, Guerrera ha aggiunto dei particolari: “C’era D’Amrbrogio ma non c’era Vito (Vito Galatolo, ndr)… dopo un bel po’ viene Vito… è entrato da solo, io ero già da dentro perciò non è che so con chi è venuto, penso con i ragazzi.. dopo questa discussione su Fricano (Giuseppe Fricano era il capomafia di Resuttana ma fu messo da parte, ndr) io e Contino ce ne andiamo via e lasciamo là D’Ambrogio e Galatolo… e ce ne siamo andati… poi lui mi ha lasciato a casa… non so poi se lui (si riferisce a Biondino, ndr) è uscito… se si è incontrato con Vito”.

“Ma voi la sera stessa con Biondino vi siete sentiti?”, ha chiesto il pm a Guerrera. Risposta: “No, anche perché io non lo potevo sentire, io non è che ci potevo andare a casa, lui dopo le otto si barricava”. E l’indomani si sono incontrati? “No a casa, sempre fuori ci vediamo, ‘che è successo? ci ha chiamato…’ il discorso di Vito… il discorso di Giuseppe… ‘ah glielo avete detto?’ ‘‘Sì certo’”. Frasi da cui emergerebbe la mancata presenza di Biondino alla riunione.

 


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