PALERMO – Assunzioni alla Regione e nelle società partecipate? Niente concorsi, i nuovi assunti devono tutti essere selezionati dall’albo dei dipendenti delle società in liquidazione. Almeno fino al 31 dicembre 2018. A stabilirlo è una delle norme della “mini finanziaria” approvata martedì all’Ars, nell’ultima seduta utile prima della pausa estiva. Il governo, infatti, ha riscritto l’articolo 4 dell’ultima Legge di Stabilità regionale dopo la bocciatura del Consiglio dei Ministri. Il testo, infatti, stando alle motivazioni di Roma, era in contrasto con una normativa nazionale. La nuova riscrittura però lascia nuovi dubbi.
L’articolo della legge di Stabilità regionale con le “Disposizioni a tutela del personale delle società partecipate in liquidazione” obbligava di fatto Regione ed enti regionali ad assumere nuovo personale soltanto attingendo dall’elenco in cui sono iscritti gli ex lavoratori delle partecipate liquidate o in liquidazione. In questo modo, però, andava in conflitto con il decreto legislativo del 2016 (il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) che prevedeva invece tale obbligo soltanto fino al 30 giugno 2018. Dal 1 luglio, quindi, per assumere lavoratori nella Pubblica amministrazione regionale bisogna assicurare i principi di trasparenza e imparzialità. In una parola: concorsi. O comunque delle selezioni aperte. Concorsi che, però, al momento sono vietati in Sicilia dal “blocco” delle assunzioni tutt’ora vigente.
Da qui l’impugnativa della norma da parte di Roma e la necessità di una riscrittura. Il governo regionale con la norma che ha presentato martedì all’Ars, approvata con quella che è diventata una nuova legge stralcio alla Finanziaria, ha però, di fatto, soltanto spostato la scadenza della norma nazionale al 31 dicembre 2018. Fino a quella data tutte le società regionali siciliane che abbiano bisogno di nuovo personale dovranno attingere “per la totalità delle assunzioni” dal bacino del personale che è rimasto senza lavoro provenendo da altre società regionali. E in quell’albo “devono essere iscritti anche i dipendenti delle società partecipate a totale o maggioritaria partecipazione regionale poste in liquidazione successivamente alla data di entrata in vigore dell’articolo 64 della legge regionale 12 agosto 2014 numero 21″.
Una disposizione, insomma, che rischia di contrastare nuovamente con la disciplina nazionale, violando – stando a quanto precisato dal governo nazionale nella scorsa impugnativa – un principio costituzionale: quello che riserva allo Stato la competenza esclusiva delle materie dell’ordinamento civile (è il caso, appunto, dei contratti con le società, seppur a capitale pubblico). Per i lavoratori dell’albo delle ex Partecipate, dunque, non è ancora tempo di tirare un sospiro di sollievo: la norma approvata in fretta martedì, tra l’altro senza il consueto passaggio nelle commissioni parlamentari, potrebbe subire di nuovo la scure di Roma.