PALERMO- Il signor Francesco sorride sotto la mascherina, insieme ai medici e agli infermieri dell’ospedale di Partinico. E ne ha motivo. E’ risultato positivo al Covid, con la possibilità di svilupparlo in forma grave. Gli anticorpi monoclonali – con due semplici iniezioni – lo stanno proteggendo. “Si tratta della nuova frontiera della cura”, dice il dottore Enzo Provenzano che coordina l’ospedale Covid e spiega: “Il caso di Francesco è tipico, un paziente con la malattia paucisintomatica e la probabilità di stare molto male per le sue condizioni. Gli abbiamo somministrato gli anticorpi, sta benissimo. Chiaramente lo monitoreremo, ma siamo ottimisti. Lui ci è stato segnalato dal medico di base, perché è importantissimo che sia sia una integrazione sul territorio. Ma stiamo ampliando i canali per entrare in contatto con le persone”.
Lo dice fin dal primo momento il dottore Provenzano: “Il Coronavirus si sconfigge, nello sviluppo della malattia, giocando d’anticipo”. Ecco perché è importante pensare alla salvaguardia, casa per casa, evitando i ricoveri. “A Partinico – continua Provenzano – abbiamo dei giovani medici dedicati a questa operazione, addestrati e molto bravi. I requisiti per la terapia sono stati fissati dal ministero e riguardano soggetti fragili, grandi obesi, cardiopatici, persone oltre i sessantacinque anni che abbiano ancora una forma lieve del virus. C’è una stanza attrezzata con tutte le procedure eventuali d’emergenza. E’ la nuova frontiera per salvare le vite. Dovremo convivere con il Covid, ma possiamo farlo. Ecco perché siamo già pronti per una assistenza continua che vada dall’inizio fino alle conseguenze del dopo, il famoso long Covid, seguendo il paziente passo dopo passo. Per gli anticorpi, l’approccio è semplicissimo. Le persone vengono con il loro mezzo: ricevono la terapia e tornano a casa, sorvegliate”.
Ma bisogna sbrigarsi per approntare questa nuova frontiera al meglio. “In ballo ci sono vite umane”, ricorda Enzo Provenzano che ha ammonito tutti da subito sull’importanza della velocità e della rapidità di una diagnosi. Una narrazione che apre alla speranza. Fra vaccini e terapie, forse, siamo agli ultimi sussulti del dolore.