PALERMO – Otto mesi di carcere per l’omicidio colposo della moglie e del bimbo che portava in grembo. Il giudice Roberta Serio ha condannato Giuseppe Zito.
Nel settembre del 2012 è alla guida della Smart. Accanto è seduta la moglie. Stanno raggiungendo il Policlinico. Lei, incinta, ha avvertito le prime doglie. La tragedia avviene in via Emanuele Paternò. Zito, tradito da una buca, perde il controllo della macchina che finisce la sua corsa contro il muro di recinzione della strada che costeggia il fume Oreto. Rosaria Maranzano, 23 anni, muore durante il trasferimento in ospedale. I medici dell’ospedale Civico riescono a fare venire alla luce il bambino. Il suo cuore smetterà di battere alcuni giorni dopo.
È stata una perizia disposta dal pubblico ministero a fare emergere che la Smart procedeva a 127 chilometri orari dove il limite si ferma a cinquanta. Le tracce della frenata restarono lungo diciotto metri di asfalto. E su questo ha insistito l’avvocato Giulio Bonanno, che assisteva i genitori e i fratelli della ragazza morta che si sono costituiti parte civile: “C’è chi si duole per un’eventuale beffa e chi perché costretto a piangere per una figlia e una sorella che non c’è più – disse il legale nel corso di una delle udienze -. Se fossero stati rispettati i limiti imposti dal codice, come la stessa perizia ha confermato, oggi non ci troveremmo di fronte ad una famiglia distrutta dal dolore”.
Fu una una risposta alle parole del legale dell’imputato: “Dopo il danno la beffa -aveva detto -. È una situazione spiacevole che complica la già segnata vita di un uomo che rivive da quel giorno, ogni giorno, una tragedia senza fine”.