Il salotto buono della città si apre agli ultimi e a chi ha fatto della strada la sua casa. Proprio nella centralissima via Principe di Belmonte la comunità di S.Egidio ha inaugurato un centro di ascolto e di accoglienza per i più poveri tra i poveri: un modo inusuale di festeggiare i quarant’anni di fondazione.
Nel cuore di Palermo ogni giovedì dal pomeriggio fino a notte inoltrata si offriranno cure, medicine, vestiti ed anche la possibilità di una doccia. Ma è soprattutto l’amicizia donata da tanti volontari che attira qui barboni e soli. Il centro ospitato gratuitamente nei locali dell’opera pia S.Lucia comprende alcune sale con tavoli per consumare un pasto, un ambulatorio medico, servizi igienici. “ Non siamo però un centro di assistenza come tanti, spiega Mario Tambone, ematologo e volontario qui il medico prima deve diventare amico dell’assistito e andarlo a trovare sul pezzo di marciapiede o sul binario della ferrovia che ha scelto come casa. Anche se inaugurato sabato sera il centro è attivo, in fase sperimentale, da luglio. Lo frequentano soprattutto alcolizzati, molti stranieri spesso ci sono diabetici o persone affette da epatite cronica per cui i farmaci diventano una delle necessità primarie insieme ai prodotti per l’igiene personale. Alla festa, tenuta nel cortile all’aperto, molti invitati sono proprio loro, i poveri. Tra questi c’è Roberto, lo chiamiamo così, un alcolista cronico che la comunità di S.Egidio aiuta e accompagna da 8 anni. I barboni, i soli, i disperati sono i prediletti da questa comunità sorta a Roma nel 1968 da un giovane liceale Andrea Riccardi, ora docente di storia. Con l’entusiasmo dell’età e della novità del Vangelo vissuto coinvolse i suoi compagni nell’andare tra le baracche della periferia romana, tra i poveri e qui diedero vita ad una scuola popolare, ora detta scuola di pace che i membri della comunità continuano a tenere negli oltre 70 paesi del mondo dove sono diffusi. A Palermo sono presenti sin dalla fine degli anni ’90 ed anche qui i poveri sono i prediletti: le famiglie del Capo per prime, ma poi chi vive in strada, straniero o italiano. Il giro notturno che ogni lunedì distribuisce pasti caldi insieme ad ascolto ed amicizia raggiunge tra le 100 e le 150 persone ogni settimana. Alla richiesta di indicare i posti degli appuntamenti i volontari sono restii: “sono incontri con amici, è come andarli a trovare a casa” anche se poi la loro casa è una panchina nelle stazioni delle metropolitane o nelle piazze. Ma Lorenzo Messina, uno dei responsabili della comunità di Palermo li ricorda tutti: da Paolo, il primo che ha conosciuto in strada e da cui è iniziata quest’opera di assistenza, fino all’ultimo, un giovane rumeno fulminato 10 giorni fa da un’overdose in una zona del centro. “Siamo scesi nelle strade, racconta Francesco Falesina, iniziatore con Riccardi dell’esperienza romana, per aprire le braccia ai condannati, alle vittime delle guerre e creare così una casa per tutti dove nessuno si senta estraneo o nemico”. Grazie all’impegno della comunità si è risolto il sanguinoso conflitto del Mozambico e le iniziative planetarie contro la pena di morte sono state fondamentali per la moratoria internazionale. Oggi poi è l’Africa con le sue guerre e le morti per Aids a suggerire tanti progetti. A questi azioni poi si aggiungono gli incontri mondiali per la pace e l’unità tra le religioni, di cui uno si è svolto anche a Palermo. “Azioni tutte benedette dai vescovi e dai papi”, ha ricordato l’arcivescovo Paolo Romeo che ha presieduto la cerimonia di ringraziamento e ha benedetto i nuovi locali. Alla festa che ne è seguita i poveri sono i protagonisti: spontanei, a loro agio, ti consigliano un cibo, ti offrono acqua o succhi di frutta. Li scopri in posa davanti alla torta con la colomba della pace e intanto ti regalavano un sorriso e uno squarcio della loro vita in dialetto o con il silenzio. E poi li vedi uscire dal centro festosi perché stasera, nella casa del Capo o sulla strada, insieme al sacchetto di cibo avanzato porteranno il calore di un’amicizia autentica e gratuita.