(rp) Noi stiamo con tutti i Carmelo Castro del mondo, con i padri e con le madri che se li sono visti portare via. Noi stiamo con i dannati per una colpa. Noi pensiamo che ogni colpa, in una cella, possa essere espiata e rimessa. Ma pensiamo pure che non debba mai condurre alla dannazione perpetua. Noi stiamo col debole: con la faccia pesta di un ragazzo di diciannove anni. Noi stiamo con Roberto, morto all’Ucciardone dove era recluso per un furto di teli da mare. Noi siamo accanto agli esseri umani che sopravvivono come bestie all’Ucciardone, a Favignana, a Piazza Lanza…. L’elenco dell’ignominia è lungo, inaccettabile. Siamo contro i benpensanti che voltano la testa. Che ritengono che la (mala)carne da penitenziario sia un po’ come la carne da cannone, un effetto meramente collaterale. Ogni guerra sconta la sua macelleria? Per niente, cari signori. Uno stato democratico non può permettersi il massacro che si consuma quotidianamente dietro le sbarre delle sue democratiche prigioni. C’è una costituzione, ci sono le leggi che stabiliscono il confine fra diritti e afflizione. Non è lecito dimenticarlo. Mai.
Noi siamo con Carmelo e facciamo nostro il grido disperato di sua madre. La verità è una magra consolazione, se l’orrore continua a ripetersi nell’indifferenza. Serve, quando diventa grimaldello, quando trasforma il guano in luce verso una via d’uscita, quando riflette un mutamento di cuore nel senso della giustizia, un soprassalto di civiltà. Noi stiamo con i radicali e con le loro sacrosante battaglie in tema di detenzione. Stiamo, in definitiva, con noi stessi e ci fa piacere, anche se il carcere non paga in termini editoriali, anche se alla denuncia dello schifo, il lettore medio preferisce, di solito, l’ultimo rigurgito del più insignificante onorevolicchio.
Lo sappiamo, lo verifichiamo nei contatti. Ma, volete sapere la verità?
Non ce ne frega niente.