PALERMO – Questa mattina, nel corso della seduta congiunta della terza e quarta Commissione Legislativa all’Ars, riunitasi con all’odg l’esame, per il parere, del Piano regionale faunistico-venatorio, sono state apprezzate le osservazioni presentate dal deputato Paolo Ruggirello e condivise, trasversalmente, da diverse parti politiche .
“Ho ritenuto opportuno sottoporre all’attenzione delle commissioni e del Governo alcune criticità, che andrebbero opportunamente approfondite e superate in vista dell’approvazione del Piano Faunistico Venatorio 2013/18”. – afferma Ruggirello, che chiarisce – “Tra esse, ho sollevato l’assenza nel Piano di iniziative che potessero incrementare o facilitare quelle forme di turismo venatorio che potrebbero anche incrementare il reddito delle aziende agricole, soprattutto quelle poste in territori ad agricoltura svantaggiata (Aziende agro venatorie , ex artt. 25-26, L.R. 33/1997). In alcune realtà del nostro paese e della stessa Comunità Europea, l’attività turistico, venatoria, opportunamente regolamentata, costituisce un interessante volano di sviluppo di economia di sistema, ed assicura la presenza dell’uomo nella duplice funzione di produttore e guardiano del territorio. Ciò detto, di contro, dalla Proposta del piano Faunistico venatorio 2013/18, si riproduce, pedissequamente, l’ormai arcaico procedimento dettato da decreti assessoriali che risalgono al 1998.
La proposta di Piano non teneva conto, inoltre, – prosegue Rugguirello – che nel calcolo delle superfici utili alla fauna selvatica occorreva escludere i cimiteri, i campi di calcio, gli ippodromi, i campi da golf, gli autodromi, gli insediamenti militari, le rocce nude, le serre, ecc. ecc.., né tanto meno che ogni superficie comunque preclusa all’esercizio venatorio dovrebbe essere inclusa nel computo delle aree destinate a protezione. Pertanto, le superfici attorno ai fabbricati rurali dovevano, per un raggio di cento metri, essere computate come aree protette. Ed inoltre la proposta del Piano 2013/18 poneva il divieto assoluto di caccia nelle aree demaniali: ciò in contrasto con il dettato ex art. 21, L. n. 157/91. Ed infine, è stato messo in luce che gli innumerevoli divieti di caccia posti nei siti della Rete Natura 2000, soprattutto nell’isola di Pantelleria, rispondevano – conclude Ruggirello – a criteri non già di natura tecnico- biologica, bensì ideologica”.