Poveri contro poveri - Live Sicilia

Poveri contro poveri

Dentro e fuori dall’Insula 3 dello Zen2 continuano ad essere le cause dei poveri, da un lato e dall’altro, a scontrarsi. E al centro è ancora la gestione delle case popolari del quartiere. Questa mattina in un’altra insula situata dietro alla parocchia dello Zen 2, in via Costante Giardengo n° 16, la polizia è intervenuta per effettuare un nuovo sgombero. Al terzo piano della scala F, vivevano abusivamente due ragazzi, Filippo Fioretto e Giuseppa Faja. I due, nel maggio 2009, avevano occupato la casa della signora Francesca Carista, a lei assegnata dall’istituto autonomo case popolari (IACP) nel 1991 e attesa da 20 anni. E’ passato un anno da quando la figlia della signora Carista, Tommasa Messina, passando sotto l’appartamento aveva scorto le tapparelle alzate. Ma non doveva esserci nessuno nella casa della madre che i quel momento si trovava in Puglia, ospite da un’altra delle sue figlie. Subito è scattata la denuncia: “Ma nulla è stato fatto, perchè occorreva da parte dello IACP un documento in cui mia nonna sarebbe risultata assegnataria”, racconta Maria, nipote della signora Carista. Dal momento dell’occupazione, la signora Carista vive in casa di una delle sue figlie, allo Zen 2. Alla signora Carista, pur pagando regolarmente le tasse, non è mai arrivata, infatti, nessuna bolletta di locazione dello IACP. Ma la lettera di sanatoria, datata 1990, attesta l’assegnazione della casa alla signora. ” Questo foglio, – racconta ancora Maria – doveva essere regolamentato. Ma questo iter burocratico, iniziato dalla mia nonna solo due mesi prima, non era stato ancora completato, quando la casa è stata occupata”. Ma niente Documento, niente sfratto, nei confronti dei due abusivi. L’avviso di sfratto è arrivato solo dopo il secondo serviizo delle Iene, quello del 22 aprile 2010. “Io sono andata allo IACP per avere informazioni sulla situazione della mia casa: “Signora ma che ci viene a fare qua?” mi dicevano prendendomi in giro”. Questa mattina il provvedimento di sgombero è stato eseguito dalle forze dell’ordine, che però non avevano ancora stabilito le precauzioni da prendere nei confronti della signora Carista, minacciata e intimidita sia durante, che prima dello sgombero.

Dall’altra parte, invece, al padiglione 17, è l’arrivo degli assegnatari a creare agitazione. Presso i container che ospitano gli uffici del cantiere, non si sa precisamente chi sia arrivato stamattina: le forze dell’ordine non sono riusciti ad identificarli e lo stesso geometra del cantiere, ha solo saputo dire che si trattava di personale dello IACP. Giulia, una delle assegnatarie, dorme all’interno di una delle case che dovrà andare ad abitare già da mercoledì notte, quando gli occupanti hanno fatto nuovamente irruzione nel quartiere. Racconta che ad accogliere lei e gli altri assegnatari, questa mattina, è stata anche l’architetto D’Agostino, uno dei componenti dell’ufficio tecnico IACP e della direzione dei lavori del cantiere, che se ne sarebbe andata subito dopo l’arrivo degli occupanti, venuti a protestare contro l’eventuale decisione dello IACP di far entrare degli assegnatari all’interno del cantiere. “Noi non abbiamo niente contro di voi – dice una portavoce degli occupanti agli assegnatari – ma non possiamo far entrare altri qua dentro, fino a che la nostra situazione non sarà risolta” precisa un portavoce degli occupanti.
Quello di Giulia, come quello di Atanasio, l’assegnatario vicino, è una appartamento che ancora difficilmente si può considerare casa: niente infissi, niente sanitari, fili e tubi scoperti; l’acqua c’è, ma manca ancora l’allaccio alla luce. A lei hanno assicurato che la casa non è pericolosa: “I lavori continueranno anche con gli assegnatari all’interno”, spiega Giulia, riferendo ciò che le hanno detto nei giorni scorsi dallo IACP. Avrebbero infatti dovuto ricevere le chiavi delle case questa mattina, secondo quanto riferito agli assegnatari,
“Stamattina mi hanno detto che possiamo rimanere nelle case, oppure anche scendere, se vogliamo, perchè saranno loro a monitorare la situazione. Ma non possono lasciarci le chiavi fino a che non saranno montati infissi e sanitari. Ciò sarà possibile – conclude Giulia  – solo nel momento in cui gli occupanti lasceranno il cantiere”. Il rischio è quello di un corto circuito sociale tra chi chi protesta sui tetti per ottenere una casa, e chi questa già la dovrebbe abitare, e magari come Giulia, ne attende da circa quindici anni la consegna.

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