Premi Ussi, riconoscimento al documentario "Stai fermo lì"

Premi Ussi, riconoscimento al documentario “Stai fermo lì”

Della giornalista e regista Clementina Speranza

CATANIA – Nella casa dello sport, vince il giornalismo che costruisce ponti. Ad Aci Sant’Antonio, nella nuova arena dei Giardini pubblici, è andata in scena l’edizione 2025 dei premi “USSI Estate”. Allestita dall’USSI Sicilia guidata da Gaetano Rizzo, e, nella circostanza, un riconoscimento speciale è andato alla giornalista e regista Clementina Speranza per il documentario dal titolo Stai fermo lì. Che racconta la vita del giovane artista iraniano Babak Monazzami, dove il campo da gioco diventa lingua comune e i diritti trovano voce.

Un riconoscimento che nasce in ambito sportivo. Ma guarda oltre i confini del campo, premia uno sguardo capace di legare sport, diritti e dignità. Restituendo al giornalismo la sua funzione civile.

“Non si smette mai di essere giornalisti”, ricorda Speranza. È da questa postura che è nato Stai fermo lì, non dalla caccia a una storia, ma dall’incontro con una testimonianza già urgente. Babak, volto del videoclip di Giusy Ferreri (2009) e poliedrico artista, ha affidato alla macchina da presa un racconto senza filtri: documenti, immagini di repertorio, pause, commozioni. Niente attori, nessuna voce narrante, nessun artifizio. Solo la realtà, messa in ordine in montaggio e approvata dal protagonista.

Il premio USSI arriva al termine di un percorso che ha visto il film rifiutare consapevolmente lo schema delle “3 S” – sesso, sangue e soldi – che domina tanto intrattenimento quanto informazione. Qui il dolore non è spettacolo, Babak parla di prigione e torture con pudore, chiede persino di attenuare la scena in cui si commuove mentre accetta, suo malgrado, lo status di rifugiato politico. Ma Stai fermo lì non è solo ferite: dentro ci sono anche luce, ironia, resilienza. C’è il costume da Jack Sparrow cucito per gioco, un programma di viaggi, la giornata del videoclip a Verona: frammenti di vita che resistono alla sopraffazione.

La storia di Babak attraversa IranItalia e Germania. Nato a Khorram Abad nel 1985, cresce sotto i bombardamenti e i divieti, fino a rischiare l’arresto “per un paio di jeans” o per aver ballato. Da ragazzo sogna il calcio, nel 2001 sfiora la Nazionale U18, ma viene respinto perché “troppo occidentale” nell’aspetto.

Nel 2008 fugge e approda a Milano, dove al Naga-Har di Italo Siena inventa persino una sport-terapia con un torneo che attira l’attenzione di Inter e Juventus. Poi l’Europa, che dovrebbe proteggere, inciampa. Un errore della polizia tedesca lo priva dei documenti italiani e lo blocca per due anni in un campo per rifugiati. Opportunità perdute, tempo rubato. Domande ancora senza risposta.

Il lavoro di Clementina Speranza non si limita a ricordare le violazioni avvenute “altrove”. Denuncia anche quelle consumate qui, nelle maglie della burocrazia, nei pregiudizi che giudicano prima di ascoltare. E smonta lo stereotipo del “rifugiato, clandestino, incompetente, infiltrato”. Babak parla sei lingue, dipinge, espone, scrive, la sua biografia smentisce i luoghi comuni e ricorda che la storia dell’umanità è piena di esuli illustri, da Dante a Einstein.

Dal 2023 il percorso di Stai fermo lì è costellato di tappe importanti. Premio per la Pace dell’Ambasciata Svizzera al Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli; selezioni in Italia e all’estero. La proiezione del 29 novembre 2024 al Museo d’Arte Moderna di Ulsan (Corea del Sud). Premio Cine Migrare 2024Premio Proiezione Speciale 2026 al Trapani Film Festival (18 agosto 2025). Oggi il film continua il suo cammino nei festival – per regolamento non è ancora disponibile al grande pubblico – mentre si progettano proiezioni “di cura” come nei campi di badminton a Milano, in un campo da calcio, luoghi in cui Babak possa sentirsi nuovamente a casa. 

Intanto, una lettera aperta firmata da giornalisti e associazioni prova a fargli da scudo nella burocrazia tedesca. La regista lancia un appello ai colleghi perché aggiungano la loro firma e, chissà, perché si realizzi un piccolo sogno: un incontro con Roberto Baggio, l’idolo che insegnò a Babak le prime parole d’italiano davanti alle telecronache della Serie A.

Alla fine, il premio consegnato ad Aci Sant’Antonio non celebra solo un’opera prima. Riconosce un modo di fare giornalismo, mettere la telecamera all’altezza dello sguardo, rinunciare al sensazionalismo, restituire voce a chi, troppo spesso, è costretto a “stare fermo lì”.

Oggi la situazione di Babak non sembra essere migliorata, anzi.

“Oggi la mia situazione è disperata – dichiara Babak. A causa di un’altra aggressione subita davanti casa mia vicino Dusseldorf, ho deciso di cambiare città restando sempre in Germania. Ma mi trovo senza tetto. I miei diritti continuano a non essere riconosciuti, seppure le leggi prevedono procedure accelerate e protezione in questi casi.

Sono sempre visto come straniero, non essendo nato in Europa, non ricevo alcun supporto. Mi rendo conto che ci sono nazionalità che non hanno lo stesso peso di altre. Questa situazione mi sta portando ogni giorno di più a stare male, a danneggiare sempre più la mia salute. Ogni giorno acquisisco la consapevolezza che i diritti non sono uguali per tutti.Vengo censurato, non vengo ascoltato.  Purtroppo ho notato che molti giornalisti e avvocati alimentano tali censure.

Non so che fine farò, è molto triste la mia situazione Ringrazio Clementina Speranza. Che ha avuto il coraggio di andare contro il sistema, merita questo riconoscimento. Spero in un mondo migliore, in un mondo in cui i diritti siano davvero uguali per tutti. Anche se oggi appare una utopia pensarlo.” Queste righe spiegano meglio di qualsiasi analisi perché Stai fermo lì non è solo un film, ma un atto civile in quanto ricordano che i diritti si difendono qui e ora, e che la tutela non può fermarsi alla frontiera dei regolamenti”.

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