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Presa la banda del salotto buono

Palermo, tre arresti per 13 rapine
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Tredici rapine in meno di ottanta giorni ma, soprattutto, un’intera zona della città terrorizzata dalle loro scorribande. Via Sciuti, via Notarbartolo, via Marchese di Villabianca, via Leonardo Da Vinci, via Campolo, nessuno sfuggiva a Umberto Milazzo (23 anni, nella foto), Mauro Basilio (22) e Filippo Mossù (28 anni), arrestati dai “falchi” in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip Piergiorgio Morosini su richiesta del pm Francesco Grassi. In manette è finito anche un minorenne per cui si procede separatamente a cura del tribunale per i minori. Decisivi, ai fini delle delle indagini, il contributo di passanti e impiegati dei negozi rapinati che non si sono tirati indietro, incastrando i banditi.

Mauro Basilio

Le rapine hanno una scansione serrata: 23 marzo; 23, 24 e 30 aprile; 4, 12, 14, 16, 25 maggio; 30 giugno 2009. E un modus operandi identico, visto che vengono presi di mira negozi in cui è prevalente il personale femminile e hanno sede nel “salotto buono” della città. La prima in ordine di tempo è quella alla “Benetton” di via Leonardo Da Vinci: pistola in mano e a volto coperto, Milazzo e Mossù si sono fatti consegnare il (magro) bottino di 90 euro. Passa un mese e tocca a “Tezenis” di via Notarbartolo, in cui è bastata la semplice minaccia di tirar fuori l’arma per farsi consegnare 265 euro. Ci prendono gusto e il giorno dopo fanno un colpo a pochi metri di distanza, al negozio “Leone” di via Cesareo, bottino 856 euro. In ambedue i casi Milazzo e Basilio hanno operato con l’aiuto del minorenne. Poi i  “Golden Point” di corso Calatafimi, (400 euro) e via Sciuti (170 euro), “Intimomania” di via Campolo (300 euro) e “Intimissimi” in viale Lazio (240 euro), appannaggio di Umberto Milazzo, considerato dagli inquirenti l’ispiratore del gruppo.

Filippo Mossù

I banditi prendono confidenza. All’inizio si presentavano travisati, ora escono le pistole, dicono: “E’ una rapina, dammi tutti i soldi”. E, soprattutto, si considerano imprendibili, trascurando il contributo che qualsiasi cittadino può dare. A cominciare dall’ultimo episodio narrato, in cui un passante ha visto l’auto con cui i banditi sono fuggiti. Gli investigatori, che già erano sulle loro tracce, avevano individuato la base della banda nel quartiere Cruillas. Grazie all’indicazione dell’auto, sono riusciti a stringere ulteriormente il cerchio sugli indagati.

Ma le rapine continuano, i banditi usano quella zona della città  come una “privata riserva per le loro razzie” come scrive il pm Grassi. Quindi il negozio “Badagliacca” in via Liguria (400 euro), “Marella” sempre in via Notarbartolo (250 euro), “Marielle” in via Marchese di Villabianca (100 euro). Il colpo fatale. Perché un passante annota la targa dell’auto per intero. E’ una Lancia Y, intestata allo zio di Umberto Milazzo.

Gli agenti sul territorio finiscono l’organigramma, ponendogli accanto i suoi “compari” Mauro Basilio e il minorenne. Anche le immagini delle telecamere a circuito chiuso coincidevano con i volti. E, quando l’8 giugno 2009 viene diramata una nota per una rapina al “Golden Point” di via Marchese di Roccaforte, la polizia va a colpo sicuro. Ne viene fuori un inseguimento per le vie circostanti e l’arresto di Milazzo e Mossù. Tutti i testimoni chiamati hanno riconosciuto la banda e per loro la festa è finita.


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