Da quando è scoppiata la grana delle primarie, la procura è stata attaccata su due fronti: prima per un presunto immobilismo, poi perché si starebbe occupando di reati che non esistono, essendo le primarie una competizione “privata”. I magistrati della procura di Palermo, però, non ci stanno. “Noi non ci siamo mossi autonomamente – spiega il procuratore aggiunto Maurizio Scalia – ma, in seguito a una segnalazione di polizia giudiziaria. E l’abbiamo fatto immediatamente”.
D’accordo con il procuratore capo Francesco Messineo, Scalia – che con il sostituto Ennio Petrigni sta coordinando le indagini condotte dai carabinieri – ha deciso di mettere una parola chiara sulla vicenda. “Noi non stiamo procedendo per le primarie, ma per un reato specifico riscontrabile nella legge 570 del 16 maggio 1960 che punisce chiunque faccia incetta di certificati elettorali”.
Una disposizione che “non riguarda un solo tipo di elezione” e la domanda da porsi è: “Perché quella donna li ha raccolti? Perché li aveva con sé?”. Dunque, la cosa non riguarda l’ambito “privatistico” ma il reato in sé. Fabrizio Ferrandelli, ai microfoni di “Striscia” ha spiegato che Francesca Trapani, l’indagata, aveva raccolto i certificati elettorali su disposizione degli interessati, soci dell’organizzazione da lei presieduta. Una risposta che non convince gli inquirenti, perché se così fosse “non si capisce perché non siano stati restituiti ai legittimi proprietari dopo il voto”.