TRAPANI – “Minacce politiche, mai tali da investire la sfera personale, ma comunque toni pesanti anche da un punto di vista psicologico, rispetto alle quali non ho mai ceduto”. Così in Tribunale a Trapani l’ex assessore regionale alla formazione Bruno Marziano (Pd) ha raccontato gli anni trascorsi con l’incarico mantenuto tra il 2015 e il 2017 all’interno del governo Crocetta, quando l’Esecutivo regionale fu costretto a rifare alcuni bandi per la formazione.
Un affare da 160 milioni di euro
In ballo oltre 160 milioni di euro, decisione che portò diversi enti di formazione, come l’Anfe, a non potersi spartire la maggior parte della torta. L’ex assessore è stato teste dei pm Sara Morri e Francesca Urbani, nell’ambito del processo Artemisia. Uno dei capi di imputazione contestati all’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto e all’ex presidente dell’Anfe Paolo Genco lo riguardano direttamente. Lo Sciuto e Genco sono imputati di concussione, le intercettazioni hanno svelato le parole di Lo Sciuto contro Marziano: “O revochi l’accreditamento a … o succede un inferno, capito? Altrimenti facciamo una commissione di inchiesta! E non vogliamo sapere più niente”.
La campagna mediatica contro l’assessore
Per l’accusa fu organizzata una campagna mediatica contro Marziano: “A questo punto, dobbiamo capire dove risiedono la colpe di questi ritardi, se sono essi di natura politica o a deficienza amministrativa; in entrambi i casi, occorre intervenire in maniera chirurgica, che sia nei confronti degli uffici preposti o in quelli della politica responsabile”. “Per questo – le parole di Lo Sciuto – ho chiesto l’istituzione di una commissione di indagine”.
“Contro di me oltre 250 comunicati stampa”
Marziano ha ricordato quegli anni: “Contro di me oltre 250 comunicati stampa. Numerosi gli incontri con Lo Sciuto e Genco – ha detto -. Volevano che io modificassi la graduatoria, non accettavano la mia posizione di netta separazione tra i poteri di indirizzo politico e quelli burocratici. A stabilire la graduatoria fu una commissione interamente composta da dirigenti dell’assessorato, io come assessore non avevo alcun potere”. In particolare Marziano ha ricordato un incontro con il gruppo dell’Ncd, del quale faceva parte Lo Sciuto: “Dissi in quella sede che la soluzione per far scorrere la graduatoria era quella di stanziare altri 36 milioni di euro, ma si trattava di una decisione di pertinenza del Parlamento regionale, ma l’Ncd rifiutò l’accordo”.
“Subivo il pressing psicologico”
Marziano ha ricordato i numerosi incontri con Lo Sciuto e Genco: “Contro di me una pressione psicologica e politica alla quale ho sempre resistito, nessuna minaccia personale o alla mia sfera privata…da Lo Sciuto ricevetti più accanimento rispetto ad altri…minaccia continua rivolta quella di una crisi di governo se non avessi accolto la richiesta di rivedere la graduatoria…”. Rispondendo ai pm, Marziano ha detto che per lui “era logico che Lo Sciuto si occupasse dell’Anfe che per bacino di dipendenti, oltre 700, era una piccola Fiat”. E ancora: “Lo Sciuto perseguiva interessi sociali e politici usando toni pesanti…mi sono sentito limitato, intimorito ma non ho abbandonato le mie posizioni…”.
“Lo Sciuto poteva mettere in crisi il governo”
L’avvocato Cinzia Calafiore, ma anche l’avvocato Celestino Cardinale, difensori rispettivamente di Genco e Lo Sciuto, hanno evidenziato che gli attacchi sul tema sono arrivati anche da altri politici e sono stati citati Musumeci, Figuccia, Venturini, Cancelleri: “Vero – ha risposto Marziano – ma la differenza era data dal fatto che Lo Sciuto faceva parte della maggioranza, ed era in grado di mettere in crisi il governo, gli altri erano esponenti dell’opposizione ed era normale che si comportassero in quel modo…ho resistito sperando di risolvere i problemi”.
La replica della difesa
Marziano ha ricordato di incontri in tal senso intavolati presso il ministero a Roma. L’avvocato Calafiore ha introdotto anche il tema di interessi di Marziano per un ente di formazione della sua provincia guidato da un certo Sergio Pillitteri: “Non era il presidente ma un dipendente precario, lo incontrai presso la mia segreteria particolare, nessun favoritismo”. Marziano rispondendo a Cardinale ha ricostruito l’atmosfera dell’epoca, secondo lui “Lo Sciuto perseguiva, con toni che erano pesanti, interessi per la conquista del consenso, mentre un parlamentare deve perseguire interessi di carattere generale e non a favore di un singolo ente”.
“Ho voluto cambiare il sistema”
Rispondendo poi al pm Morri durante una nuova fase dell’esame, Marziano ha confermato il contenuto del verbale di sommarie informazioni cui fu sottoposto durante le indagini ed ha introdotto il tema dell'”interesse clientelare” di Lo Sciuto, difensore dell’Anfe in sede politica. Quegli anni alla formazione per Marziano furono agitati: “Ho voluto cambiare un sistema, il mio compito fu quello di risanare il comparto, comparto difficile, tanto che anni prima a causa delle tensioni accumulate, morì un valoroso assessore, d’improvviso e di crepacuore (Mario Centorrino, assessore nel governo Lombardo, ndr), in passato un assessore alla formazione triplicava i suoi voti, io non sono stato rieletto, ho dimezzato i miei voti”.
Nessun accompagnamento coatto
Marziano è arrivato in aula senza l’accompagnamento dei carabinieri, provvedimento revocato dal collegio presieduto dal giudice Franco Messina, dopo le spiegazioni addotte dallo stesso ex deputato regionale circa la sua mancata presenza alla scorsa udienza, quando era stato citato a comparire. Niente accompagnamento e niente ammenda.
La testimonianza di Berlingieri
A seguire è tornato a sedere sul banco dei testimoni il maggiore dei Carabinieri Diego Berlingieri. Ancora attraverso la sua testimonianza i pm Sara Morri e Francesca Urbani hanno ricostruito gli interlocutori delle intercettazioni. Citati anche i due poliziotti sotto processo, Salvatore Passanante e Salvatore Virgilio. Lo Sciuto lo raccomandò presso l’allora ministro degli Interni Angelino Alfano, per passare dalla Dia ai servizi segreti. Stretto il rapporto tra i due poliziotti e l’ex deputato regionale, tanto da confidare segreti investigativi Quello della fuga di notizie su inchieste delicate è una delle imputazioni del processo.
Spunta il nome di Messina Denaro
Nel caso accennato da Berlingieri si trattava di una indagine che quando se ne sentì parlare era stata già chiusa nel 2018. Intercettazione questa disposta in connessione al ruolo di Patrizia Messina Denaro. La sorella del latitante Matteo sarebbe stata stata in contatto con una dipendente dell’Anfe molto legata alla donna che teneva una relazione con Genco. Nel corso dell’udienza i pm Morri e Urbani hanno notificato alle parti la modifica di uno dei capi di imputazione contestati a Lo Sciuto, Genco e all’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante. Si tratta dell’episodio della quale fu “vittima” la professoressa Loana Giacalone, allora dirigente scolastico del Mattarella Dolci di Castellammare del Golfo, che subì pressioni per rivedere la decisione del Consiglio d’Istituto di non concedere le aule all’Anfe Per i pm si trattò di una tentata concussione e non di una concussione come inizialmente contestato anche nel provvedimento di rinvio a giudizio.