PALERMO – Condannati a dieci mesi ciascuno di carcere e alla restituzione “forzata” dei soldi che non avrebbero dovuto percepire. Si conclude così il processo di primo grado per nove impiegati regionali dell’ufficio del Garante dei detenuti.
Le condanne riguardano Giuseppe Anello, Aurelio Antonio Buscemi, Emanuele Cosenza, Lambero Cosenza, Giuseppe Maria Di Leonardo, Vita Di Noto, Michelina La Cagnina, Maria Solaro e Messimo Vitale. Le confische disposte dal giudice monocratico Fabrizio Anfuso vanno da 250 a 750 euro.
L’indagine coordinata dal pubblico ministero Daniela Varone sfociò in un blitz della guardia di finanza. Era il 2012. I militari, grazie a telecamere e attraverso appostamenti, pedinamenti e servizi di osservazione, monitorarono per oltre un mese alcuni dipendenti che, durante l’orario di servizio, si sarebbero assentati dal proprio posto di lavoro per recarsi, spesso in gruppo, al bar e in altri esercizi commerciali a Palermo. L’ufficio del garante si trovava in via generale Magliocco.
All’inizio le ore pagate ma non lavorate, secondo l’accusa, ammontavano a 250 mila euro. Poi, nel corso delle indagini la cifra era via via scesa fino alle piccole somme contestate in dibattimento. Ed era calato anche il numero degli indagati, per molti dei quali arrivò l’archiviazione proprio in virtù della particolare tenuità del danno. Anche l’allora dirigente dell’Ufficio, Lino Buscemi, fu denunciato, ma nel suo caso l’archiviazione arrivò nel merito per l’infondatezza dell’accusa. Tutti gli imputati hanno preannunciato ricorso in appello contro la condanna.