Questa settimana si è conclusa la sperimentazione della Cellula della vita, un inedito vivaio autosufficiente e trasportabile, capace di fornire produzioni sia vegetali che ittiche a zero impatto ambientale e in qualsiasi contesto, grazie a un microclima interno riproducibile ovunque. Il prototipo, un “incubatore” di circa sei metri per tre installato a Palermo e nella città tunisina di Sfax, è stato sviluppato attraverso il progetto di cooperazione denominato Celavie e racchiude un sistema acquaponico integrato con una sofisticata dotazione tecnologica.
Rappresenta un’innovazione radicale nel settore dell’agricoltura sostenibile. Tecniche avanzate come l’acquaponica ci permetteranno di tenere insieme e in equilibrio il progresso, i bisogni del genere umano e la conservazione ambientale. E l’impiego di pratiche rispettose dell’integrità ecologica, come la coltivazione orticola idroponica associato all’allevamento di pesci in un sistema chiuso del tutto fuori terra, con energia autoprodotta da fonti rinnovabili e consumo d’acqua ridotto di oltre il 90% grazie al ricircolo, è una testimonianza perfetta del potenziale che la ricerca applicata è riuscita a esprimere in questo progetto operando in armonia con le esigenze di sopravvivenza del pianeta.
La capacità della Cellula di produrre cibo in maniera più efficiente rispetto alla classica coltivazione in campo aperto (i test sono stati su lattuga, basilico, sedano, pomodoro e peperoncino) ma senza uso di fertilizzanti, pesticidi o altri prodotti chimici, si allinea con gli obiettivi globali di uno sviluppo sostenibile. Rappresenta un passo coraggioso verso la sicurezza alimentare e la resilienza climatica, dimostrando che le soluzioni per le future sfide alimentari e ambientali possono essere trovate attraverso la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. Basti pensare a come la Cellula potrà contribuire a proteggere la fertilità dei terreni, sempre più gravemente minacciata, anche in Sicilia, da vari fattori tra cui lo sfruttamento intensivo.
Il progetto Celavie è stato attuato dal Coreras (Consorzio regionale per la ricerca applicata e la sperimentazione) con l’Université de Sfax, il CNR, Green Future, l’Union tunisienne de l’agriculture et de la pêche (Utap) e l’Association de la continuité des générations (Agc). La collaborazione tra l’Italia e la Tunisia, supportata dai fondi UE del “Programma ENI di cooperazione transfrontaliera Italia-Tunisia 2014/2020” (autorità di gestione il Dipartimento programmazione della Regione Siciliana), è stata fondamentale per il successo di Celavie. Il Coreras, che opera nel quadro degli indirizzi stabiliti dall’assessore regionale all’Agricoltura, è stato ente capofila di questo progetto, che ha unito esperti e scienziati italiani e tunisini dimostrando come la cooperazione internazionale, in particolare quella con quei paesi più vicini a noi, sia la via maestra per superare i confini e raggiungere obiettivi comuni, non solo scientifici.
Questa sinergia, portata avanti superando tante difficoltà legate al contesto internazionale, dalla pandemia ai conflitti, è riuscita a creare un sentiero culturale e tecnologico tra due mondi bagnati dallo stesso mare e apparentemente diversi, ed è da considerarsi esemplare non solo per realizzare altre iniziative analoghe ma anche perché può rappresentare un modello di integrazione globale. È un motivo d’orgoglio e anche di gratitudine verso tutti soggetti coinvolti.
Celavie non è stato solo un progetto di agricoltura avanzata ma un simbolo di come la tecnologia, se guidata da principi di sostenibilità e inclusività, possa dare vita a sistemi alimentari innovativi che rispettano e preservano le risorse naturali, promuovendo allo stesso tempo la prosperità sociale, culturale ed economica. Con la sua visione, che ha portato alla creazione di un vivaio autosufficiente, tecnologico e trasportabile, Celavie si pone come un faro di progresso e traccia una strada promettente per un futuro in cui l’umanità possa crescere e prosperare senza sacrificare l’ambiente. E questo anche prima della fatidica data del 2050 fissata dal vertice sul clima COP 28 tenuto a Dubai, dove proprio i partner tunisini del progetto hanno portato una testimonianza sulla Cellula della vita.
*L’autore dell’articolo è presidente del Corereas