Pronti a sparare a 16 anni - Live Sicilia

Pronti a sparare a 16 anni

Il tentato omicidio di venerdì pomeriggio è l'ennesima prova che da qualche tempo i giovanissimi hanno troppo facile accesso ad armi e pistole.

CATANIA – Si torna a sparare a Catania. A sparare questa volta è un giovane adolescente che ha avuto la possibilità di prendere una pistola ed ha cercato di uccidere. Cinque colpi di pistola ieri hanno squarciato l’aria di un pomeriggio d’autunno in uno dei nuovi centri della movida catanese, il Castello Ursino. Se non è scappato il morto è solo un caso. Forse la poca esperienza del baby criminale. Non ha avuto paura di puntare la pistola in faccia al suo bersaglio: la pallottola ha perforato la guancia di Angelo Sciolino. Sedici anni ha quel giovane che ora è detenuto al centro di via Franchetti e dovrà affrontare l’accusa di tentato omicidio.

Non può passare sottotraccia questo fatto di cronaca. Fare finta di non guardare sarebbe un altro crimine. Inquietante pensare che a 16 anni si è pronti a sparare per appianare una banale lite. Si chiamano regolamenti di conti. Siamo abituati a parlarne raccontando guerre tra clan o epurazioni interne ai gruppi mafiosi. Ma da qualche tempo le pistole sono a disposizione anche di giovanissimi, che non solo si atteggiano a fare i boss ma cercano di imitarli. E sono pronti anche usare la pistola. Come è successo venerdì pomeriggio in piazza Federico di Svevia. Quel giovane abita in uno dei quartieri di Catania cosidetti “a rischio”. Dove molte volte si cresce senza conoscere il confine tra legalità e illegalità.

Microcriminalità e baby gang. Molti di loro non si fermano solamente agli atti di bullismo e di prevaricazione, magari vantando il fratello o il parente appartenente a quella “cosca” criminale. “Tu lo sai chi sono io?” – è una delle minacce più ricorrenti. Molti adolescenti, 15 o 16 anni appena, si armano di pistola e assaltano distributori di carburante. Ad uno di loro è arrivata anche una pallottola in testa. Quel giovane è stato colpito da un poliziotto durante l’assalto in cui poi è scoppiata uno scontro a fuoco ed è morto uno dei rapinatori. La lezione però non è bastata, il giovanissimo è tornato alle rapine.

Quanto accaduto al Castello Ursino si mette in fila con altri episodi, altre indagini, altre immagini di giovani e adolescenti che scelgono la strada del crimine. Il diciottenne Marino a Librino ha ammazzato il papà di una compagna del fratellino perchè si era “permesso di alzare la voce” in un litigio tra ragazzi per la fidanzatina. Una mancanza di rispetto che meritava le pallottole secondo quel giovanotto su cui pendono diversi processi, anche per un altro omicidio che sarebbe stato commesso quando era ancora minorenne. Giovani che scorazzano con gli scooter, per presidiare il territorio e controllare le incursioni delle forze dell’ordine. Le vedette che guadagnano 100 euro al giorno pur di cinturare le piazze di spaccio, molte volte gestite da altri giovanissimi.

I vecchi boss sono tutti in carcere e i nuovi vertici organizzano le fila assoldando adolescenti e diciottenni. Conquistata la fiducia del capo è facile avere accesso ad armi e arsenali. L’ultimo rampollo dei Nizza, Andrea, a meno di trent’anni è diventato uno dei latitanti più pericolosi. I suoi fiancheggiatori sono appena ventenni. I “soldati” sono addestrati a usare la pistola, alle azioni punitive, a seminare il terrore.

Le pistole in mano ai giovanissimi. E’ un dato allarmante, dal punto di vista sociale e non solo della sicurezza. Questo non è un semplice fenomeno criminale che la magistratura e le forze dell’ordine devono contrastare. La battaglia è di tipo culturale.


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