STRASBURGO – La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia perché decise di continuare ad applicare il regime duro carcerario del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 alla morte del boss mafioso. Secondo i giudici, il ministero della giustizia italiano ha violato il diritto di Provenzano a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Allo stesso tempo la Corte di Strasburgo ha affermato che la decisione di continuare la detenzione di Provenzano non ha leso i suoi diritti.
La Corte di Strasburgo, nella sentenza odierna, scrive di “non essere persuasa che il governo italiano abbia dimostrato in modo convincente che il rinnovo del regime del 41bis” avvenuto a marzo 2016 “fosse giustificato”. Secondo i giudici, i documenti medici forniti dal governo italiano dimostrano che le già compromesse funzioni cognitive di Provenzano erano peggiorate nel 2015 e che nel marzo 2016 erano “estremamente deteriorate”. La “gravità della situazione”, osserva ancora la Corte nella sentenza, doveva quindi essere presa in considerazione con maggiore attenzione nel decidere il rinnovo del 41 bis. I giudici evidenziano che nella decisione non c’è invece alcuna menzione dello stato mentale del boss e che manca “una valutazione autonoma del ministero della Giustizia sulle condizioni di Provenzano al momento del rinnovo del 41 bis”. La condanna dell’Italia da parte della Corte riguarda tuttavia solo il prolungamento del regime carcerario speciale. Nella sentenza gli stessi togati, dopo aver “valutato tutti i fatti”, riconoscono infatti che la permanenza del boss in prigione non ha “di per sè” violato il suo diritto a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. “La detenzione di Provenzano non può essere considerata incompatibile con il suo stato di salute e la sua età avanzata”, scrivono i giudici aggiungendo che non può neanche essere sostenuto che “la sua salute e il suo benessere non siano stati protetti, nonostante le restrizioni imposti dalla detenzione”. Alla luce di tutto ciò, la Corte di Strasburgo ha rifiutato le richieste di risarcimento per danni morali di 150 mila euro e di pagamento di 20 mila euro per coprire le spese legali.
“Quella che abbiamo combattuto è stata una lotta per l’affermazione di un principio e cioè che applicare il carcere duro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione”. Così l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del capomafia Bernardo Provenzano, ha commentato la decisione della Corte di Strasburgo. “A noi non interessava e non interessa un risarcimento, ma soltanto l’affermazione di un principio contro prese di posizione assolutamente illegittime”, ha aggiunto l’avvocato che, per anni, prima di arrivare ai giudici Strasburgo aveva chiesto la revoca del 41 bis e l’espiazione della pena in regime ordinario, alla magistratura di sorveglianza di Parma, Milano e Roma. Il legale ha perso la sua battaglia in tutte le sedi giudiziarie fino alla Cassazione e ha sancito confermando i verdetti precedenti, che in nessun altro luogo Provenzano avrebbe potuto ricevere cure migliori. Tutti gli ultimi ministri della Giustizia hanno rinnovato il 41 bis al capomafia, che diverse perizie avevano certificato essere incapace di assistere coscientemente ai processi.
“La Corte Europea di Strasburgo ha ‘condannato’ l’Italia perché tenne in galera col carcere duro il ‘signor’ Provenzano, condannato a 20 ergastoli per decine di omicidi, fino alla sua morte. Ennesima dimostrazione dell’inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l’Italia decidono gli Italiani, non altri”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
“Rispetto questa sentenza ma non la commento. Voglio sottolineare solo una cosa: il 41 bis non si tocca”. Così il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dopo che la corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per la vicenda Provenzano. “C’è una lunga storia di confronto con l’Europa – ha aggiunto – ma credo che gli altri Paesi abbiano solo da imparare dall’Italia sulla normativa antimafia”.
“Da Strasburgo neanche quando sono morti ci risparmiano di menzionarli, e ci ricordano i nostri aguzzini, caso mai cercassimo di dimenticarli”. A dirlo è Giovanna Maggiani Chelli, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. “Il Capo di Cosa nostra Provenzano avrebbe subito in Italia il torto di morire al 41 bis – afferma Maggiani Chelli- certo che è morto a 41 bis in ospedale; Strasburgo però il 41 bis lo voleva abolito sulla carta bollata come Cosa Nostra. E ora che si fa si risarciscono i familiari di Provenzano, mentre noi sputiamo l’anima per avere riconosciuti i nostri diritti in un processo civile? Dove era Strasburgo dei diritti dell’uomo la notte del 27 Maggio 1993 quando Provenzano ha mandato i suoi uomini a Firenze ad ammazzarci per far annullare il 41 bis, giusto sulla carta bollata? La Corte di Strasburgo ci offende, ci fa indignare mentre riconosce i diritti ai mafiosi post mortum e non batte un colpo sul fronte delle vittime di mafia. Ma di quali diritti stiamo parlando di quelli di Cosa Nostra”?”.
“La sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo non mette in discussione il 41/bis che, impedendo ai boss di continuare a comandare anche dal carcere e spezzando il legame dei capimafia col territorio, è stato e rimane uno strumento irrinunciabile nella lotta alla mafia”. Lo dice Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci e presidente della Fondazione Falcone, in merito alla sentenza della Cedu. “I risultati ottenuti in questi anni – aggiunge – lo confermano. Sta poi ai magistrati (per Provenzano anche sulla base delle indicazioni dei medici) valutare nei singoli casi fino a quando è necessario mantenere il regime carcerario del 41/bis, che non è una pena afflittiva supplementare, ma – conclude Maria Falcone – unicamente il modo più efficace per impedire ai capi di Cosa Nostra di perseguire i loro scopi criminali anche dopo l’arresto”.
“Se lo Stato risponde al sentimento di rancore delle persone, alla voglia di vendetta, lo fa a discapito del Diritto. Questo credo sia ciò che la Corte di Strasburgo ha affermato sul 41 bis applicato a mio padre dopo che era incapace di intendere e di volere”. È il secco commento di Angelo Provenzano, figlio del capomafia, alla sentenza Cedu.
(ANSA)