Raia e Albanella: "Necessaria | una strategia politica" - Live Sicilia

Raia e Albanella: “Necessaria | una strategia politica”

“Il numero di femminicidi è letteralmente inchiodato da anni, mentre il numero degli omicidi degli uomini sugli uomini è crollato negli ultimi 20 anni. È come se stessimo in una situazione di gravità permanente".

CATANIA. “In questo giorno in cui rinnoviamo il nostro impegno quotidiano contro ogni forma di violenza esercitata contro le donne, non possiamo limitarci a contare soltanto le donne uccise per mano di mariti, compagni, ex fidanzati, perché sarebbe limitante. L’ultima vittima, la giovane e bellissima Giordana Di Stefano, strappata alla vita lo scorso 13 ottobre a Nicolosi, è purtroppo la conferma di come la società civile debba ancora compiere quel necessario passo in avanti affinché si possa comprendere, intercettare e fermare ogni manifestazione di violenza di genere e mettere in campo strumenti di prevenzione e contrasto di lungo periodo che agiscano culturalmente, nel profondo, per evitare che queste violenze possano moltiplicarsi e permanere”. Lo dichiarano le parlamentari del partito democratico Luisa Albanella, Camera dei Deputati, e Concetta Raia, Assemblea Regionale Sicilia, promotrice della legge votata all’Ars nel 2013.

“Il numero di femminicidi è letteralmente inchiodato da anni, mentre il numero degli omicidi degli uomini sugli uomini è crollato negli ultimi 20 anni. È come se stessimo in una situazione di gravità permanente. Dobbiamo capire che il fenomeno è strutturale e quindi è più difficile rimuoverlo – sottolineano le deputate democratiche – Le donne vengono uccise in quanto donne, mogli, fidanzate, ex compagne. Per contro la percentuale di uomini uccisi dalle loro compagne o ex compagne è bassissima. Per questo dobbiamo parlare di un fenomeno fortemente connotato e strutturale che trae le sue origini dallo squilibrio nei rapporti di genere. Il nucleo della violenza contro le donne è il rapporto di potere all’interno della coppia o della relazione. Si deve cambiare rotta”.

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità il 33,9% delle donne che ha subito violenza per mano del proprio compagno e il 24% di quante l’hanno subita da un conoscente o da un estraneo non ne parla. Il 14.3% delle donne, secondo il rapporto, è stata vittima di atti di violenza da parte del partner, ma solo il 7% lo ha denunciato. Altrettanto allarmante è il dato secondo cui il 33.9% di coloro che subiscono violenza per mano del proprio compagno e il 24% di coloro che l’hanno subita da parte di un conoscente o di un estraneo, non parla con nessuno dell’accaduto. La violenza domestica, inoltre, è la seconda causa di morte per le donne in gravidanza.

“La violenza di genere non è un raptus né la manifestazione di una patologia – proseguono – le ricerche sulla violenza di genere ci dicono invece che questa si esprime con una escalation di episodi sempre più gravi, non è quasi mai episodica e spessissimo i suoi autori sono lucidissimi”.

Le donne stentano a riconoscere la violenza del proprio partner. Sappiamo bene che molte sopportano perché sperano nel cambiamento del proprio compagno. Altre perché pensano che sia meglio per i figli avere la figura paterna: e ,invece, proprio le statistiche ci dicono che i figli che assistono alla violenza nei confronti della propria madre hanno una probabilità molto maggiore di diventare a loro volta mariti violenti da adulti rispetto agli altri. Ciò accade in ogni luogo a prescindere dalla latitudine. Si tratta della trasmissione intergenerazionale della violenza, cosa terribile.

“I centri antiviolenza vanno fortemente sostenuti, sono fondamentali perché intercettano le donne nel momento più difficile. Ma occorre investire anche nelle strutture sanitarie, nelle forze dell’ordine, nell’educazione scolastica, nel lavoro ad ampio spettro culturale nell’ottica dell’integrazione, come ci dice la Convenzione di Istanbul. Bisogna essere coscienti del fenomeno, senza cadere nell’errore di sminuirlo – aggiungono Raia e Albanella – un Paese democratico non può tollerare che dieci milioni di cittadine siano vittima di violenza, sia essa psicologica, fisica e sessuale. Soprattutto, se consideriamo che un quinto di quelle italiane dice di avere avuto addirittura paura per la propria vita”.

“Da parlamentari, da donne rivolgiamo un appello – concludono le deputate catanesi – a tutte le colleghe, le responsabili e le operatrici, impegnate a più livelli nelle istituzioni, negli enti pubblici e privati, alle avvocate, alle assistenti sociali, alle psicologhe che operano nelle associazioni e nei centri Antiviolenza di lavorare tutte insieme e fare rete perché è necessaria una strategia politica efficace in grado di affiancare gli investimenti per le attività di prevenzione e contrasto della violenza”

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