Randazzo, alla scoperta |della liuteria medievale - Live Sicilia

Randazzo, alla scoperta |della liuteria medievale

Alla scoperta dell'antica tradizione musicale del liuto con uno degli ultimi custodi di questo strumento in provincia di Catania. A fare da cicerone in questo viaggio medievale Giuseppe Severini.

CATANIA – Giuseppe Severini è tra gli ultimi custodi della liuteria, un’arte antichissima consistente nella costruzione e nel restauro di strumenti musicali a corda, ad arco e a pizzico. Vive a Randazzo, comune medievale in cui sono stati rinvenuti molteplici reperti archeologici risalenti a quell’epoca. Livesiciliacatania lo ha incontrato nella sua casa-museo.

La casa della musica e della liuteria medievale è il punto di incontro per gli appassionati della musica, dove ascoltare i suoni naturali degli strumenti musicali più antichi. E’ una struttura costruita tra il XII e il XV secolo da cui poter godere della vista del fiume Alcantara e dei monti Nebrodi. Giuseppe Severini, l’ultimo custode siciliano dell’arte della liuteria, qui conserva oltre 60 strumenti musicali ed oggetti sonori che documentano l’interesse umano per i suoni, dalla preistoria al medioevo.

un angolo della Casa Museo

La visita guidata si rivela, fin dall’ingresso, di particolare interesse: Severini suona gli strumenti che ci presenta durante il percorso di scoperta degli ambienti che compongono la casa-laboratorio. Ma se il liuto attraversava tutte le classi sociali, come testimoniano quadri e poesie anche di origine siciliana, fin dall’epoca preistorica – racconta il fondatore dell’associazione culturale Secoli Bui – esistevano oggetti sonori, antesignani degli strumenti musicali. Frutti essiccati, conchiglie che partono da note diverse ma emettono poi la stessa sequenza di suono, flauti fatti da mandibole (ancora in uso in Sudamerica), gli antenati delle nacchere (due conchiglie sfregate con maestria) gli zoccoli del cavallo, si tratta sempre di oggetto usati nella loro interezza.

Il più antico strumento risale alla cultura di Neanderthal, un flauto di osso ritrovato 35 mila anni fa in una grotta in Germania che simula il canto degli uccelli. Si passa al rombo, ricavato da lastrine di osso e di legno, testimonianza di una cultura, quella aborigena, che risale a 17 mila anni fa il cui suono somiglia ad una tromba d’aria e la cui funzione era di svegliare gli spiriti dell’aria.

Dagli strumenti sonori si passa poi a quelli a corda, tra cui la khytara greca, col kanon di Pitagora, il primo accordatore della storia europea, l’Epinettes des Vosges, l’arpa medioevale di Santiago de Compostela, il salteri a percussione. E’ un susseguirsi di strumenti ad arco, quali la lyra, il lyrone basso – utilizzato anni addietro dal noto violoncellista Giovanni Sollima – il violino siciliano di canna, la symphonia e la ghironda, le prime macchine per la musica medievali, il tutto all’interno di un ambiente illuminato dalla fioca luce di candele.

Qual è lo scopo della sua attività di ricerca?

Luitaio

Angolo della casa di Severini a Randazzo

“Senz’altro quello di fare musica: c’è uno studio circa il rapporto, a molti sconosciuto, tra musica e scienza, astronomia, matematica e, tra i tanti, Galileo – vi sono testimonianze in tal senso – era un virtuoso del liuto capace di suonarlo in modo eccelso”. Dopo una interessante carrellata di strumentazioni dalle forme insolite e dai nomi sconosciuti, scopriamo il liuto, originariamente chiamato barbat, nato in Persia, intorno al III secolo d.C., scoperto da parte degli arabi nel VII secolo e portato in Europa attraverso Sicilia e Spagna. La cassa del liuto vuole ricordare la volta celeste: i sapienti persiani volevano riprodurre la musica delle sfere, cioè l’armonia segreta dell’universo che non è conoscibile dagli umani acusticamente ma solo percepibile attraverso i suoni, tantissimi e diversi. “Per questo – aggiunge Severini – si costruì il liuto, per riassumere il <significato cosmico della musica>. La nota più acuta – prosegue – era attribuita al fuoco, la seconda all’aria, la terza all’acqua e, la più grave, alla terra. La caratteristica stava nel fatto che separati da intervalli di quarta, che immaginavano essere gli stessi intervallati tra corpi celesti, si emetteva un suono armonico. A differenza del pensiero dei pitagorici, secondo i quali i corpi celesti emettevano le note della scala, che sentite insieme risultavano dissonanti. Si narra – conclude – che suonando bene lo strumento si poteva interferire con gli organi del corpo umano: le ossa sono, infatti, governate dall’elemento terra, il sangue dall’acqua e il sistema nervoso è il cuore. L’unico limite, rappresentato dalla brevità del suono emesso con le corde pizzicate, venne superato facendo rimbalzare i saltelli sulla stessa corda, e da qui il salterio. Quando poi, nel medioevo, fu inventato l’arco musicale si ebbe la svolta perché esso determinò possibilità armoniche e timbriche fino a quel momento sconosciute”.

Ci spiega la particolarità del liuto?

“Il liuto è uno strumento a corde pizzicate che presenta una caratteristica precisa: la costruzione viene effettuata sfruttando una forma con le doghe incollate e quando tutto è asciutto si otteniene il guscio, la cassa d’acero, o cipresso o altri legni, a seconda del legname a disposizione negli anni addietro. Solo nel ‘600, con la standardizzazione della liuteria, invece, si capì l’importanza della specificità del legno utilizzato, soprattutto la quercia perché molto resistente”.

Come si costruisce un liuto?

“Dal legno di acero si tagliano listelli sottili che andranno a formare le doghe del liuto, piegate poi su un tubo di ferro caldo finché assumeranno la giusta curvatura. Fatto il guscio, le giunture verranno rinforzate all’interno con strisce di carta o stoffa. Si passa poi ad incollare il manico con il cavigliere e la tavola armonica in abete o cedro. Decorazioni particolari venivano eseguite ad intarsio utilizzando osso, avorio, madreperla, tartaruga, bois de rose”.

Quando nasce la sua passione per i liuti?

“Da giovane studiavo al conservatorio, ero appassionato di musica; poi un giorno mi recai nel laboratorio di un liutaio per ricostruire un mandolino antico ed iniziai a costruire strumenti. Frequentai le case dei più antichi liutai, quali quelle di Avignate, Raspagni, Travi, Rizzi. Poi conobbi Pasquale Scala, in costiera amalfitana e i liutai siciliani, oggi ormai tutti defunti. In Sicilia, solo a Marineo in provincia di Palermo vive un liutaio che produce strumenti rinascimentali e barocchi. Io sono, invece, creatore di strumenti di epoca medievale. Quando inizia a diffondersi la liuteria, intesa quale <arte della costruzione e del restauro> di strumenti a corda ad arco, quali violini, violoncelli, viole, contrabbassi e a pizzico? Era legata alla corte, come forma di intrattenimento musicale, o a motivi religiosi? “La liuteria, è sempre esistita sin dall’epoca medioevale, sebbene in quegli anni non esistesse la corporazione dei liutai. Quanto poi all’aspetto musicale legato al liuto, esso era prima di tutto monastico, e solo successivamente popolare. Attraverso la musica trovadorica che si sviluppò dall’XI secolo in Francia, ha inizio la prima fioritura di lirica d’arte e d’amore, composta, suonata e cantata in volgare, cioè nella lingua nazionale che stava pian piano sostituendo il latino. Testi poetici e melodie monodiche di gusto raffinato trasferiscono il piacere vivo e sincero per la vita, per la natura, e soprattutto per l’amore”.

Il trovadore si esibiva da solo?

“La musica trovadorica era fatta individualmente: il singolo poeta con violino primitivo, un liuto e aveva lo spunto per introdurre il canto anche senza accompagnarsi, magari solo con un corda. Poi c’era la musica per la danza ed allora c’erano più strumento: liuto, flauto, percussioni, cornamuse o le canzoni a ballo, in cui si ballava battendo le mani. Questo è tutto quello che si sa della musica medievale”.

Dal medioevo in poi, qual è l’evoluzione del liuto?

“E’ un passaggio interessante perché spiega il cambiamento che subisce lo strumento dal medioevo al rinascimento. Nel 1450 i liuti venivano suonati con il plettro, ben presto sostituito dalle dita, diventando uno strumento polifonico, dal suono più attutito, con la possibilità di fare composizioni più complesse. L’ulteriore trasformazione è data dal cambiamento di taglia, con l’arciliuto, il chitarrone di 1, 80 d’altezza. I primi del ‘700 verrà sostituito dalla chitarra”.

Come si spiega la scomparsa del liuto?

“Nella musica d’arte prendono piede altri strumenti tra cui il clavicembalo mentre in quella popolare la chitarra, uno strumento più pratico con un minor numero di corde, cosa questa che rende più semplice l’esecuzioni delle canzoni. L’evoluzione, comunque, ha toccato anche altri strumenti: vielle e viole sostituite da violini, viole, violoncelli, contrabbassi a favore di strumenti più robusti, insomma”.

Chi provoca il cambiamento: il liutaio?

“No, non è il liutaio che porta il cambiamento ma il musicista: l’evoluzione del gusto musicale chiede la costruzione di uno strumento che risponda meglio all’esigenze del tempo. In tal senso l’artigiano del liuto <accontenta>il suonatore”.

Ci sono ancora giovani interessati allo strumento?

“Pochissimi, ahimè. E’un’arte che andrà a scomparire, forse. In Sicilia, almeno, sono rari i casi di ragazzi appassionati. D’altronde, ahimè, da Napoli in giù la liuteria è ormai un’arte rarissima”.

 Esistono collezioni di liuti in Italia?

“Certamente. Le più importanti collezioni di strumenti antichi sono a Milano al Castello Sforzesco, a Roma, e a Napoli, all’interno del famoso museo di Capodimonte a Napoli, con ghironde del ‘700 e a Comiso, all’interno del museo ibleo delle arti e delle tradizioni popolari. E’importante sapere che gli strumenti medievali originali sono pochissimi esemplari collocati nel mondo: arpe irlandesi, vielle e cetre trovate sotto le barche vichinghe”.

La visita della Casa della Musica è un tuffo in un lontano passato, alla scoperta di tradizioni e di suoni inimmaginabili.

 


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