CATANIA – “Ho chiamato un laboratorio privato e verranno, non so quando, a farmi il tampone a domicilio. Mi costerà 70 euro, ma non so più a quale santo rivolgermi. Sono bloccato a casa dal 2 novembre come sospetto Covid”. Un altro recluso dell’emergenza Covid, ma questa volta la sua storia è ancora più particolare perché Bruno Franco, dipendente di un’azienda pubblica catanese, da quando il medico di base ha comunicato all’Asp la “possibilità” di positività da coronavirus non ha ricevuto alcuna telefonata, mail o comunicazione per il tanto agognato “tampone” che potesse certificare il “contagio”.
“Ho provato a chiamare diversi numeri, il mio medico ha inoltrato la segnalazione all’Asp tre volte ma io rimango a casa e senza una certificazione ufficiale non posso tornare nemmeno a lavoro”, insiste il 49enne ancora costernato da quanto gli è accaduto e gli sta succedendo. “Ho avuto la febbre nei primi giorni e non avevo più sentore di gusti e odori, per questo il mio medico mi ha fatto seguire la terapia domiciliare.
E ora sto bene, ma comunque ancora oggi non so se sono affetto da Covid-19 o meno”. Una volta guarito ha tentato il tutto per tutto per poter riuscire a mettersi in contatto con gli uffici Asp ma ad oggi nulla. “Io vivo da solo e per sbloccare questa situazione visto che le strade ufficiali non mi hanno portato da nessuna parte ho deciso di chiamare un privato.
Ma le sembra giusto? A me no”, racconta con un pizzico di amarezza. “La mia odissea non è ancora terminata, perché dopo che il medico privato avrà eseguito il tampone a domicilio e mi darà il risultato poi dovrà comunque comunicarlo all’Asp. Che dovrà poi, in base al risultato, avviare la procedura. E allora mi chiedo: quando potrò mettere il naso fuori di casa?”
Un altro interrogativo è: ma la “legge dei 21 giorni” vale anche per un sospetto Covid, o si applica solo a chi ha avuto già l’esito di un tampone. Una matassa da cui Bruno non sa come districarsi.