PALERMO – “La prima cosa che farò da presidente della Regione, dopo aver eliminato i vitalizi, le pensioni da privilegiati e dimezzato gli stipendi degli onorevoli siciliani, sarà quella di avviare una ”due diligence” con la Corte dei Conti, cioè un controllo approfondito sul bilancio della Regione”. È la promessa, che suona un po’ come una minaccia, di Giancarlo Cancelleri, candidato alla presidenza della Regione per il Movimento 5 stelle. Un’idea che ha visto la condivisione dello scrittore Pietrangelo Buttafuoco, ospite pochi giorni fa del blog di Beppe Grillo.
La due diligence
Una “due diligence”, come soluzione per allontanare i dubbi dai conti della Regione. Conti sui quali, al di là del racconto, legittimo, dei diretti interessati, si sono nuovamente addensate le nubi. Dubbi messi nero su bianco direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha inviato ai dirigenti della Regione, pochi giorni fa, un documento molto duro. Una bocciatura di diverse parti dell’assestamento di bilancio e del collegato alla Finanziaria: censure sulle norme che riguardano Riscossione Sicilia, l’Ufficio stampa della Regione, le pensioni integrative, l’inserimento dell’Arpa tra gli enti del sistema sanitario regionale e molte altre. In parecchi casi, il Ragioniere generale dello Stato ha chiesto chiaramente di impugnare commi e articoli perché incostituzionali, spesso per l’assenza della copertura finanziaria. Ma non solo. Il Mef ha sottolineato forse l’aspetto più critico: il governo ha usato, per gli equilibri di bilancio, somme in conto capitale al posto di quelle destinate alla spesa corrente. Insomma, per coprire la spesa sono stati usati soldi destinati invece agli investimenti in Sicilia.
I rilievi del Mef e il rischio impugnativa
C’è poi un altro aspetto a rendere problematica la questione dei conti, alla luce delle carte del Ministero: il mancato rispetto da parte di Crocetta di uno dei ‘patti’ sottoscritti con lo Stato, in occasione del riconoscimento alla Sicilia dei trasferimenti necessari per chiudere il bilancio in cambio della rinuncia ai contenziosi. Quale sarà adesso la reazione dello Stato? Quali saranno gli effetti del mancato raggiungimento dell’obiettivo previsto e relativo alla riduzione delle spese? Tutti interrogativi che pioveranno sul governo che verrà.
A prescindere dalla decisione, prossima ormai, della Presidenza del consiglio dei ministri. Che, è bene ricordarlo, è un organo politico. E può anche decidere di non impugnare le due leggi regionali oggetto dei rilievi dei dirigenti apicali del Mef (assestamento e Finanziaria-bis) a prescindere appunto da quegli stessi rilievi.
Le ombre sulla Finanziaria
Lo aveva già fatto, del resto, il governo che è pur sempre di marca Pd, ed è composto per buona parte dagli stessi ministri del governo di Matteo Renzi. Lo stesso, per intenderci, che ha individuato Alessandro Baccei come assessore all’Economia ideale per la giunta siciliana. E in effetti, poche settimane fa era già accaduto. Anche in quell’occasione, il Ministero aveva segnato con matita rossa e blu, una sfilza lunghissima di norme della Finanziaria, ma il governo Gentiloni ha deciso di non impugnare nessuna di quelle norme.
Eppure, quelle ‘cassate’ erano tante. In brevissima sintesi, per il Mef era incomprensibile la norma che prevede il ripiano del disavanzo degli anni precedenti, era censurabile quella che prevede un accantonamento di 162 milioni che non troverebbe copertura in quanto poggia sulle entrate ancora “virtuali” dell’accordo Stato-Regione, pericolosa la norma sulla liquidazione degli enti da cui “potrebbe derivare una maggiore spesa previdenziale”. E ancora, dubbi erano stati esplicitati sulla norma che prevede il transito dei lavoratori delle società partecipate in liquidazione verso quelle ancora in piedi, sull’utilizzo da parte del Ciapi dei lavoratori degli ex sportelli multifunzionali, sull’operazione immobiliare del Fondo pensioni che tra l’altro si traduce in una iscrizione in bilancio di una entrata di 23 milioni di euro “carente del relativo titolo giuridico”, sulla copertura dei 63 milioni di euro per il Fondo per le disabilità, sulla copertura nei prossimi anni per l’immissione a lavoro di Lsue e Asu, e in generale sulla portata delle entrate e delle spese. Solo esempi, questi, emersi dal carteggio fa tra i dirigenti più alti in grado del Ministero e la Regione. E su cui il Consiglio dei ministri, poco più di tre mesi fa ha deciso di non intervenire. Così, se quei rilievi erano “tecnicamente” fondati, restano tutti lì, per il governo regionale che verrà. Insieme ad altri.
La difficile parifica: debiti e default
Quelli emersi dalle durissime prese di posizione del Procuratore generale d’appello della Corte dei conti Pino Zingale. A cominciare da quella più recente. Ossia l’impugnativa al giudizio di parifica. Un ricorso che è giunto fino alle “Sezioni riunite in speciale composizione” della Corte dei conti. Lì, il procuratore ha sollevato dubbi pesantissimi sulla tenuta presente e futura del bilancio. Elementi su cui, in quelle sede, non si è discusso nel merito, visto che il ricorso è stato dichiarato tecnicamente inammissibile, dopo l’approvazione da parte dell’Ars del rendiconto. Il governo regionale si è già difeso sottolineando come la Sezione di controllo abbia “parificato” il bilancio.
Tralasciando due aspetti: intanto che per la prima volta nella storia dell’Autonomia siciliana, quel bilancio non è stato approvato in prima seduta; e che, anche ai tempi di Lombardo, anni presi come termini di paragone dal governo Crocetta per raccontare la storia di una Sicilia sull’orlo pochi anni fa del default e finalmente risanata, il bilancio era stato parificato. Persino lì, a un passo dal fallimento, era arrivato il via libera della Corte. E così, tutti quei dubbi relativi ad esempio ai Fondi per i derivati, per le perdite delle partecipate, per i contenziosi torneranno quasi certamente in occasione della prossima parifica, a prescindere dal governo.
Al di là degli aspetti più strettamente tecnici, poi, l’ombra più scura, indicata in una intervista a LiveSicilia dal pm Zingale: “Riteniamo che ci siano forti dubbi sia sui meccanismi di sterilizzazione sulle anticipazioni di liquidità, sia sulla effettività di alcune coperture”. Per farla breve, il rischio, ha detto il Procuratore, è quello del “default”. Ipotesi esclusa categoricamente dal governo Crocetta. Ma un’ombra che si aggiunge ai tanti temi controversi oggetto sia della requisitoria del pm contabile che della relazione della Sezione di controllo in occasione della parifica: dalla dubbia creazione del Fondo immobiliare a capo del Fondo pensioni, passando per la gestione delle società partecipate, fino all’indebitamento enorme della Sicilia. “Un problema generazionale” ha spiegato in quelle ore il presidente delle Sezioni riunite Maurizio Graffeo. Un problema che riguarda il futuro, insomma. Un futuro che fa rima con “nuovo governo”.