PALERMO – “L’impossibilità di realizzare la cessione dei crediti edilizi sta portando a imprese alla disperazione mentre gli operai non prendono più lo stipendio e in Cassa edile ci risultano le prime difficoltà a pagare” È questa l’amara costatazione di Giuseppe Puccio, presidente della Cassa edile di Palermo, attorno allo stato di salute del settore edilizio a Palermo e provincia. “È ragionevole pensare che la situazione sia gravissima”, afferma il numero uno di Cepima spiegando: “La Cassa edile è l’ultimo dei creditori a non essere pagato perché la regolarità contributiva, su cui l’ente si pronuncia, è fondamentale per avere il Durc in regola. Se non viene pagata la Cassa edile vuol dire che le imprese non hanno le risorse per pagare più nessuno”.
Gli uffici dell’ente bilaterale hanno iniziato ad accordare alle imprese rateizzazioni “ma – sentenzia Giuseppe Puccio – mi preoccupano i primi mesi del 2023. Se non c’è una grande ripresa, sarà il fallimento di tante aziende e sarà in gran parte responsabilità dello Stato che ha cambiato continuamente le regole del gioco”.
Il momento, insomma, è più duro che mai. Al centro di tutto c’è ancora il Superbonus, misura che nei giorni scorsi ha avuto l’ennesima modifica passando dal 110 al 90 per cento. “Una misura – spiega Puccio – che è stata percepita male più per ragioni politiche che per ragioni tecniche. L’Ance – racconta – sta elaborando uno studio e questo ci dice che il peso per le casse dello Stato è inferiore a quello che si vuole fare credere mentre i benefici sono superiori a quelli immaginati”.
Nelle parole del rappresentante dell’ente bilaterale dell’edilizia palermitana la misura sarebbe stata vista di traverso più per le ragioni dell’agone politico che per quelle di aggravamento del bilancio pubblico. Puccio ricorda, così, che “il provvedimento, è utile ed etico”. Il costruttore sottolinea poi come le finalità su cui si fonda il Superbonus non abbiano perso di importanza. Erano riqualificazione energetica, contrasto al rischio sismo e ripresa dell’economia. “Se per i primi due punti l’impatto è stato piccolo per la piccola quantità di edifici che è stata toccata, per il terzo, la ripresa dell’economia – sottolinea il presidente della Cepima – l’impatto in termini di Pil è stato determinante”.
Al costruttore non sfugge che ci sono state delle truffe “ma – afferma – sono da riferire quei bonus in cui i controlli erano di molto inferiori e in particolare al bonus 90 per cento”.
La misura continuerà? Per Giuseppe Puccio “ci sarà una coda nel 2023 ma accadrà che tanti cantieri iniziati potrebbero non essere conclusi. Le imprese – spiega il costruttore – si sono indebolite: hanno i cassetti fiscali pieni di crediti ma non riescono a monetizzarli. Questo potrebbe comportare che ci sia, nei prossimi anni, anche nel settore degli appalti pubblici, una forte domanda di lavoro a cui non si potrà rispondere con un’offerta adeguata. Questo perché tante imprese sono in difficoltà e c’è il rischio che non si riprendano”.
Molto dipende dal caso in cui riparta il meccanismo della cessione dei crediti. “Se lo Stato blocca la cessione dei crediti da parte delle proprie partecipate è chiaro che dà un segnale anche a tutti gli istituti di credito. Le banche con questo intervento hanno avuto un’occasione di business e probabilmente con regole certe riaprirebbero i canali. Aspettiamo – aggiunge ancora Giuseppe Puccio – che gli istituti di credito possano rendere funzionante il meccanismo delle quarte cessioni per liberare il plafond e così riprendere ad acquistare dalle imprese. Occorre fare presto e con regole chiare. In tutto ciò, infatti, potrebbero nascere gli speculatori che acquistano i crediti non monetizzati a costi esorbitanti. Gli imprenditori sono probabilmente disposti a svenderli per non restare preda delle sabbie mobili in cui son capitati”.
Rispetto al 2021 i numeri segnalano un’inversione di tendenza. I cantieri aperti sono sempre meno e il fatturato del settore è destinato a diminuire. E così le imprese chiedono allo Stato “di fare lo Stato” garantendo la certezza del diritto e la stabilità delle leggi.
“Le imprese hanno fatto affidamento a una misura creata dallo Stato e la fiducia riposta è stata tradita dalle infinite modificazioni” afferma Giuseppe Puccio che poi aggiunge: “La politica prenda le decisioni che deve prendere e poi ci consegni una misura chiara e strutturale. Con la certezza delle regole il nostro mondo ha le forze per adattarsi e riprendere a lavorare”.
“Chiediamo – è questa la richiesta del rappresentante della Cassa Edile – che il provvedimento rimanga strutturale. Se accadrà questo gli imprenditori investiranno per la realizzazione di questi interventi. Serve un provvedimento almeno a dieci anni”.
In questa situazione di blocco, per il settore la crisi avanza. “I fallimenti richiederanno anni ma c’è già una lieve flessione del dato delle imprese attive”, dice Giuseppe Puccio aggiungendo: “Che ci sia invece, già adesso, una diminuzione degli assunti è evidente, come è pure evidente che ci sono operai storici, con assunzioni di lungo corso presso le aziende, che si dimettono e cercano lavoro da altre parti perché non sono pagati”.
Il problema riguarda tutti. “Le imprese più grosse che non si sono fermate – approfondisce il presidente della Cepima – hanno il problema che non possono firmare nuovi contratti perché non hanno più plafond per la cessione e quindi mandano a casa il personale in esubero perché non hanno più lavori. Le imprese che invece non sono riuscite a monetizzare i crediti – chiosa – sono in crisi di liquidità e quindi perdono i lavoratori perché questi cercano altri impieghi”.
E l’aumento del costo delle materie prime ha peggiorato la situazione? Giuseppe Puccio non ha dubbi: “Il superbonus ha delle responsabilità ma sono minime. C’entrano di più le dinamiche mondiali di approvvigionamento dei materiali tant’è che da qualche mese con i prezziari aggiornati si è raggiunto un equilibrio. Certamente non possiamo non considerare l’aumento dei prezzi legati all’inflazione e ai tassi di interesse. Anche i costi dell’energia coinvolgono il settore ma – conclude – la categoria dei costruttori non è solita alzare la voce per i problemi macroeconomici. Noi – sottolinea – vogliamo solo essere messi nelle condizioni di lavorare con regole certe”.