Retrocede la squadra |Ma i tifosi restano in A - Live Sicilia

Retrocede la squadra |Ma i tifosi restano in A

Il Palermo retrocede, ma i tifosi che applaudono al 90’ di Palermo-Udinese, anche se hanno già la serie B davanti agli occhi e si presentano in buon numero sugli spalti del “Franchi” per incoraggiare i propri giocatori, restano in massima serie.

IL PROCESSO DEL LUNEDì
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PALERMO – Amici miei, diletti amici e tifosi rosanero, ho un tale magone dentro da restare a guardare a lungo la pagina bianca del pc senza un’idea, senza uno spunto, senza – addirittura – un palpito nel cuore. Sono così triste da sentirmi completamente vuoto, inerte, incapace di metabolizzare un ”dramma” (esagero? Forse sì e forse no, dipende da quale punto di vista si parte per giudicare) che pure era previsto e prevedibile, sin da questa estate. La serie B è arrivata tutt’altro che all’improvviso, anzi annunciata fragorosamente da tutta una serie di errori che non potevano portare ad altra conclusione. E non mi soffermo ad elencarli, questi errori, perché non ce n’è bisogno, lo hanno fatto in tanti, a cadenze fisse e variabili, in tutte le salse possibili. Rifarlo oggi sarebbe come rivangare, affondare il coltello nella piaga e dare l’impressione di godere nel farlo, cosa che davvero io non potrei mai e poi mai.

Ho assistito ieri all’ultimo atto, per altro scontato, della matematica retrocessione del Palermo e, pur preparato all’evento, ho sentito dentro, in fondo al mio vecchio cuore rosanero, come una fitta, quando a mettere il sigillo al verdetto già annunciato fosse l’ennesimo “ex” della serie, quel Luca Toni, che con i suoi 30 gol nel 2004 ci aveva portato in serie A. E dico l’ennesimo perché, in effetti, la sentenza l’aveva già scritto quattro giorni prima un altro “ex” di lusso, quel Guidolin, alla cui guida il Palermo ha conosciuto gli anni forse più belli della sua ultracentenaria storia. Due “ex” per mandarci all’inferno: trovo la coincidenza così nefasta e lugubre da doverla definire quasi come l’ennesima affermazione della cosiddetta “legge del contrappasso”, una legge spietata che, magari aspetta lunghi anni prima di colpire ma quando lo fa trova la sua vittima inerme, senza difesa, come agnello sacrificale. E sì perché ha lasciato passare quasi dieci anni prima di ricordarsene, perché lei “funziona” così: ti lascia credere che se ne è dimenticato, in modo che tu, nel frattempo, ti dai alla pazza gioia, spendi e spandi; insomma, esageri, arrivi a crederti addirittura imbattibile (se non immortale) e quando si accorge che hai abbassato ogni difesa fino all’autolesionismo, colpisce e non sbaglia mai, perché colpisce dritto al cuore. Fuori metafora, il “pistolotto” ha un destinatario fin troppo palese, non c’è neanche il bisogno di scrivere il suo nome e cognome, lui ha fatto e disfatto tutto quello che c’è stato, rosanero parlando, da dieci anni a questa parte. Prima ha creato e poi, ebbro di potere, ha distrutto e la fine non poteva essere meno rovinosa. E umiliante, al punto da far ridere tutto il Paese (esagero? Dipende dai punti di vista, se si intende il Paese che vive di calcio, sicuramente no) e scatenare l’ironia, spesso sguaiata e volgare (ma di che ci stupiamo, se il tifo – reciproco, non solo quello rossazzurro – è fatto non tanto di folklore quanto di livore, di rancore, sterile e cieca faziosità?) dei cugini catanesi, che con quelle “B” esposte in curva e il loro boato all’annuncio del pareggio del Siena, hanno sicuramente passato il limite, se non altro del buongusto.

Ma dicevo di ieri e della partita del “Franchi”, alla quale, magari senza dirlo in giro per non far ridere il prossimo, ci eravamo attaccati come all’ultima spiaggia e facevamo calcoli … insomma, continuavamo a sognare a occhi aperti, come fanno i bambini quando, temendo di essere scoperti in flagrante a rubare la marmellata, si coprono gli occhi con le mani. Ma, si sa, la speranza è l’ultima a morire e spesso fa più male che bene, perché allunga l’agonia. E quella del Palermo era stata già scritta da mesi, diciamo dalla sconfitta interna contro il Siena. Eppure eravamo lì, attaccati al “pezzo”, che era come un relitto in mezzo al mare in tempesta e noi per cavarcela avevamo solo un misero salvagente. Parole, emozioni, brividi, pianti e singhiozzi, questa è stata la nostra vita di tifosi quest’anno e grazie a lui, il signor padrone delle ferriere, che di certo non l’avrà fatto di proposito a dirne e combinarne una dopo l’altra – e tutte sbagliate – ma è sicuro che, già dopo una mezza dozzina di partite, si è capito quale fine ci aspettasse. Eppure è stato capace, nel tentativo di rimediare (?!), di peggiorare le cose. Vedi l’arrivo di Lo Monaco, il suo scombiccherato mercato di gennaio, le sue dimissioni (?) e una squadra, se possibile, indebolita rispetto all’originale, visto che, nel frattempo, erano andati via giocatori come Giorgi, Budan e, soprattutto, Brienza. Insomma, un gioco al massacro che ci ha ridotto ai minimi termini, nonostante l’estremo tentativo operato da quel guerriero che risponde al nome di Sannino, capace di staccarci dalla canna del gas per qualche partita, ma i miracoli, si sa, non sono di questa terra e specialmente di questo micidiale mondo del calcio. Dove vinci se investi, se scegli le persone giuste, se gestisci oculatamente patrimonio tecnico e umano a disposizione. Noi – intendo lui, l’autore di tutto, nel bene e nel male – l’abbiamo fatto per sette campionati su nove, poi ci siamo lasciati andare e non eravamo preparati a gestire tutt’altra situazione e così, pur lottando strenuamente con Sannino in panchina, abbiamo ceduto alla Juve, poi all’Udinese e, infine, alla Fiorentina. Come logica e forze in campo esigevano: nella vita, e nel calcio in particolare, la volontà da sola non basta se, dall’altra parte, c’è il valore vero, quello tecnico a contrastarti. Ma se c’è la volontà, comunque, i tifosi lo apprezzano e così applaudono al 90’ di Palermo-Udinese, anche se hanno già la serie B davanti agli occhi e si presentano in buon numero sugli spalti del “Franchi”, a Firenze, per incoraggiare i propri giocatori e, magari, applaudirli quando ormai è serie B, definitivamente sancita anche dai numeri. E questo è motivo di vero orgoglio, vuol dire che se il Palermo retrocede, non fanno altrettanto i suoi tifosi, che sono stupendi e meriterebbero, essi sì, la serie A. A vita. Onore a loro, perché se è facile, quasi “obbligatorio”, folleggiare per la squadra del cuore, quando vince, continuare ad amarla senza tregua, quando perde e, addirittura, rovina clamorosamente in serie B, è semplicemente commovente.


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