PALERMO – Nel disastroso sistema dei rifiuti siciliani il primo dei punti deboli resta la bassissima percentuale di raccolta differenziata, lontana anni luce dagli standard di legge. Ma nel grande paradosso di un sistema che fa acqua da tutte le parti, accade anche che la non molta differenziata che si fa si scontri col problema della mancanza di impianti di compostaggio. E così, l’umido che si raccoglie, in diverse parti dell’Isola finisce comunque in discarica o deve percorrere distanze siderali per raggiungere gli impianti in cui viene trasformato in compost, con costi assolutamente antieconomici.
Un problema che diverse Srr (gli organi di governo locale del settore rifiuti) e Comuni siciliani hanno sollevato negli incontri realizzati sul territorio negli ultimi due mesi dall’Ufficio speciale per la differenziata istituito da Palazzo d’Orleans e guidato da Salvo Cocina. Che ha avviato un monitoraggio per avere un quadro completo della situazione. Anche il dipartimento Rifiuti della Regione sta avviando una verifica per capire perché degli oltre quaranta impianti autorizzati ce ne sono solo una decina in funzione.
L’umido finisce in discarica
Nel corso degli incontri realizzati sul territorio dall’Ufficio speciale per la differenziata, il problema della mancanza di impianti di compostaggio è stato più volte sollevato dai Comuni. Perché in Sicilia capita anche che il Comune che fa la differenziata in alcuni casi non abbia poi dove conferire l’umido destinato a diventare compost, perché non ha impianti vicini ed è magari costretto a portare il rifiuto differenziato a centinaia di chilometri di distanza con aggravi di spesa che paradossalmente lo penalizzano. Qualcosa del genere ad esempio accade a diversi comuni del Palermitano, che hanno raccontato di essere costretti a finire a Marsala per conferire l’umido, con aggravi di costi di oltre il 20 per cento rispetto al conferimento indistinto in discarica. Analoghe difficoltà sono state denunciate dal Comune di Messina, che butta l’umido in discarica perché non ci sono impianti di compostaggio in zona. Stessa musica nel Siracusano. Racconta Paolo Amenta, sindaco di Canicattini Bagni e vicepresidente dell’Anci: “In questo momento l’impianto più vicino alla provincia di Siracusa è a Catania. Oggi l’umido lo portiamo in discarica, lo stesso fanno altri comuni vicini, come Floridia, Palazzolo, Buccheri. E il rifiuto entra in discarica come indifferenziato. Aggiungo che poi molto del compost che si produce negli impianti resta inutilizzato. Infatti sfido chiunque a dimostrare la sostenibilità dell’impianto di compostaggio aerobico. E questo spiega anche perché costa tanto conferire, 90 euro a tonnellata, quando dovremmo pagare molto meno, o nulla. Invece questi sono costi che si scaricano sui cittadini”.
Gare deserte e impianti fermi
Secondo l’ultimo monitoraggio dell’assessorato regionale guidato da Vania Contrafatto, gli impianti di compostaggio attivi in Sicilia sono undici: Castelbuono, Castelvetrano, Sciacca, Joppolo Giancaxio, Palermo (Tmb), Trapani, Grammichele, Ramacca, Dittaino, Gela, Catania. Altri sei impianti hanno avuto gara deserta (concessione di servizi): Casteltermini, Noto, Augusta, Capo d’Orlando, San Cataldo, Ravanusa. Poi ci sono quelli costruiti e mai partiti come Vittoria e Ragusa dove si stanno bandendo gare. L’impianto di Bisacquino è terminato ma da attivare. Poi ci sono altri impianti in giro per la Sicilia da completare. Nel 2011 erano stati stanziati quasi 100 milioni per costruirne 15. Poi nel 2013, allora assessore Nicolò Marino, si spostarono ingenti somme sulle discariche pubbliche (Messina, Gela, Enna, Palermo), che ebbero a loro volta un percorso tormentato, con tanto di rilievi della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Gli impianti di compostaggio furono rifinanziati ma le gare furono assai sfortunate: l’appeal per gli operatori del settore evidentemente è basso viste le mille falle del sistema rifiuti siciliano. E così a fronte di tanti soldi spesi, restano i disservizi.
Gli impianti di compostaggio funzionanti “sebbene presentino nominalmente una potenzialità complessiva autorizzata pari a 416.967 tonnellate annue, hanno trattato nel 2014 una quantità di rifiuti pari a circa 160.000 tonnellate”, riassumeva un paio di mesi fa il ministro per l’Ambiente Galletti. Ma in realtà, l’effettiva capacità degli impianti funzionanti in Sicilia sarebbe ancora più bassa, dicono diversi addetti ai lavori. E sicuramente insufficiente a smaltire le 7-800 mila tonnellate di organico che si dovrebbero conferire se la Sicilia rispettasse la percentuale di 65 per cento di raccolta differenziata. “Stiamo facendo delle verifiche, trovando situazioni paradossali – racconta il direttore generale del dipartimento Rifiuti Maurizio Pirillo -, dall’impianto fermo perché manca un intervento da 70mila euro, a quello finito nel fallimento dell’Ato che sta per essere messo in vendita. Interverremo, ma certo questo problema non può diventare un alibi per gli enti locali per non spingere sulla differenziata”.
Nel futuro i mini-impianti
“La realizzazione dell’impiantistica – ricorda l’assessore regionale Contrafatto – spetta alle Srr che debbono prevederla nel piano d’ambito. Una grande opportunità però è data dai finanziamenti europei per realizzare dei mini-impianti, le compostiere di comunità, destinate ai piccoli comuni con meno di tremila abitanti. Ho già scritto per avviare i bandi per realizzarli”. Sempre nella speranza che Srr e Comuni implementino i livelli di differenziata che restano bassissimi, con alcune virtuose eccezioni.Per farlo occorre superare la logica delle proroghe e chiudere con gli affidamenti a chi non rispetta il limite del 65 per cento, ha già ammonito la Regione. Ma questa è un’altra, complicatissima, storia.