CATANIA – Quasi 100 milioni di euro frutto di una scalata imprenditoriale coltivata all’ombra di relazioni pericolose. La guardia di finanza ha sequestrato il “tesoro” degli imprenditori Siverino, Antonio e Francesco, padre e figlio, ritenuti “socialmente pericolosi” per i rapporti con elementi di spicco del clan Scalisi di Adrano, braccio operativo dei Laudani.
Le indagini
Antonio e Francesco Severino erano stati arrestati nel 2021 con l’operazione Follow the money, perché avrebbero sistematicamente favorito il clan “Scalisi” e il suo esponente di spicco Giuseppe Scarvaglieri fornendo, mediante l’alimentazione della cassa e il mantenimento del gruppo e dei suoi sodali, un contributo, stabile e protratto nel tempo, alla realizzazione delle finalità dell’organizzazione mafiosa”.
Uno scambio di favori
Una “mutua assistenza”, sottolineano gli inquirenti, tra i Siverino e il clan. Gli imprenditori hanno iniziato lavorando sul trasporto su gomma, con imprese attive nel settore della logistica, per poi passare al commercio di prodotti petroliferi.
Con l’operazione Black blend, condotta dalla guardia di finanza, è stato accertato un sistema di “sottrazione all’accertamento e al pagamento delle accise sui prodotti petroliferi”.
Il sistema del petrolio
I Siverino sarebbero stati “promotori e organizzatori” di un sistema che commercializzava notevoli quantità di prodotti petroliferi provenienti da Austria, Germania, Repubblica Ceca, Romania e Slovenia. Le basi operative erano a Verona e Catania, dove il petrolio raffinato transitava verso alcuni centri di stoccaggio.
Attraverso l’evasione delle accise, i Siverino riuscivano ad abbassare i prezzi dei carburanti, conquistando fette notevoli di mercato.
Su queste basi, gli imprenditori “sono stati considerati soggetti pericolosi per la società -scrive la guardia di finanza – e, pertanto, nei loro confronti sono stati eseguiti mirati approfondimenti”.
Il tesoro
Lunghissimo l’elenco dei beni sequestrati, 28 attività commerciali, con 23 società che hanno sedi in Italia a Milano, Roma, Verona e nel Catanese. Ma anche in Europa.
I finanzieri hanno documentato una sproporzione tra i redditi leciti degli imprenditori e le “ricchezze accumulate”.
Sigilli a 70 immobili, con ville e stabilimenti tra il Catanese, Mantova, Modena e Verona.
Scoperti contanti per 1,7milioni di euro, gioielli, rolex, monili, anelli e bracciali per un valore di oltre 250mila euro. I rapporti finanziari personali e societari valgono, da soli, 16 milioni di euro.