PALERMO – “Carlo” aveva fatto sapere di volere appoggiare “… quello di Corso dei Mille… il figlio di Taglia…” come referente mafioso a Brancaccio. La notizia era giunta alle orecchie di Giovanni e Giuseppe Di Giacomo, il primo killer ergastolano e il secondo, prima che lo ammazzassero, uomo forte della famiglia di Palermo Centro.
“Carlo” è il nome con cui veniva celata la vera identità di Alessandro D’Ambrogio, il boss che fino al 2013, anno del suo arresto, è stato alla guida di Porta Nuova, e cioè del mandamento più potente della città. “Taglia” altri non era che Pietro Tagliavia arrestato a metà luglio con l’accusa di essere il reggente di Brancaccio. Un potere che si è esteso, dunque, anche negli anni successivi all’arresto di D’Ambrogio che lo aveva ‘sponsorizzato’. Un potere che trova la sua giustificazione nei legami con i Graviano, che restano i signori di Brancaccio nonostante le vicissitudini giudiziarie. Anche la rivista S in edicola dedica un articolo alla vicenda.
I fratelli Giuseppe e Filippo sono stati condannati all’ergastolo. Benedetto, il figlio più grande che aveva ceduto il potere ai fratelli, fu arrestato nel 2005 mentre passeggiava in piazza di Spagna, a Roma. Ha scontato la sua condanna per mafia ed anche il periodo di sorveglianza speciale. Nunzia, a picciridda di famiglia, è ancora in carcere. Arrestata la prima volta nel 1999 in un lussuoso residence a Nizza, in Costa Azzurra, e di nuovo nel 2011 a Roma dove gestiva un bar.
C’è un episodio che dà la cifra dei legami fra i Graviano e Pietro Tagliava che risalgono negli anni. Una sorta di ‘investitura’ filmata dagli investigatori della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile di Palermo che si sono spostati in trasferta a Roma. Nel giugno 2014 sul telefono di Giuseppe Lo Porto, braccio operativo di Tagliavia, pure lui in manette nel recente blitz, giunse la telefonata di Giuseppe Buttitta, padre di Francesca, la moglie di Filippo Graviano. Era lo stesso Lo Porto a fare alla moglie il resoconto di ciò che stava avvenendo. Gli era toccato il compito di fare da tramite fra Benedetto Graviano e Pietro Tagliavia. ”Siccome c’è il fratello di Graviano a Palermo, Benedetto”, diceva Lo Porto, il quale aggiungeva che gli era stato fornito un indirizzo di Roma dove la cognata di Benedetto voleva aprire una rivendita di prodotti surgelati. Non solo la moglie di Filippo, ma anche quella di Giuseppe, Rosalia Galdi, detta Bibiana, si era attivata affinché Lo Porto facesse una trasferta nella Capitale: “… chissà, che vuole aprire la fuori. E allora Francesca e Bibiana mi diedero questa via mi dissero… vai a trovarlo”.
C’è un precedente. Alle 22.45 del 22 aprile 2004 Pietro Tagliavia fu pedinato fino a Roma. Arrivò con altre due persone al civico 487 di via Flaminia Vecchia in una bella zona residenziale. Era la casa di Benedetto Graviano il quale, sentito lo squillo del citofono, si affacciò al balcone prima di aprire la porta. “Tagliavia Pietro e Graviano Benedetto venivano osservati mentre sedevano insieme nel balcone a conversare – annotarono gli investigatori – mentre gli altri due accompagnatori del Tagliavia rimanevano all’interno dell’immobile”. Se un Graviano discuteva di affari appartato con Tagliavia era un segno di rispetto. Tredici anni dopo quell’incontro Pietro Tagliavia sarebbe stato arrestato con l’accusa di essere diventato il presunto capomafia di Brancaccio.