PALERMO – Fabio Licata si difende. Difende il suo operato di ex giudice delle Misure di prevenzione, ma anche l’organizzazione stessa della sezione del Tribunale di Palermo travolta dallo scandalo.
Licata, oggi al Tribunale di Patti, è uno dei magistrati finito sotto accusa nell’inchiesta della Procura di Caltanissetta che coinvolge anche l’ex presidente Silvana Saguto. È imputato in abbreviato di abuso d’ufficio in concorso con Saguto e Tommaso Virga, pure lui giudice, in merito alla nomina di Walter Virga, figlio di Tommaso, in alcune importanti amministrazioni giudiziarie.
Licata si è sottoposto all’esame del giudice per l’udienza preliminare Marcello Testaquatra. Che è andato subito al punto cruciale. E cioè la nomina di Virga jr. Non provò alcun imbarazzo per il fatto che fosse il figlio di un collega? Licata risponde con un “no” secco. Lo motiva con il fatto che nel corso degli ultimi vent’anni in tutti gli uffici giudiziari di Palermo – non solo misure di prevenzione, ma anche nei settori civile, penale e fallimentare – sono sempre stati dati incarichi a parenti di magistrati. Licata ne cita alcuni – Roberto Murgia, Vittorio Teresi, Gioacchino Natoli, Antonio Balsamo – senza alcun intento polemico, ma per spiegare che nessuno ha mai sollevato scandali o ragioni di opportunità. E secondo Licata è giusto che sia andata così perché il parente di un magistrato si presume che offra garanzie di “affidabilità e moralità”. Licata non rinnega la scelta di Virga, convinto che il giovane avvocato abbia svolto bene il suo incarico. E il fatto che la stessa Saguto lo volesse cambiare perché lo riteneva, come emerge dalle intercettazioni, “un ragazzino”? Il riferimento sarebbe stato non alle sue capacità, su cui Saguto non aveva espresso perplessità, ma all’incapacità di gestire la pressione mediatica.
Licata, assistito dagli avvocati Roberto Mangano e Marco Manno, è anche imputato di falso perché avrebbe apposto la firma apocrifa dell’allora presidente Saguto sul provvedimento di sequestro dei beni degli imprenditori Rappa. Licata disconosce di avere apposto quella firma. Lui mise la sua e lasciò l’atto sul tavolo della collega Saguto che all’indomani, giorno di emissione del provvedimento, era presente in ufficio.
L’ultima imputazione per Licata riguarda la presunta rivelazione, giunta all’orecchio di Saguto, della notizia del trasferimento da Palermo a Caltanissetta del fascicolo aperto sulla gestione del patrimonio Rappa. Sul punto il magistrato ha negato la circostanza.