Comprendiamo e condividiamo la soddisfazione del presidente della Regione Siciliana Renato Schifani nell’annunciare l’arrivo da Roma di 800 milioni di euro che serviranno, sostanzialmente, per costruire tre nuovi ospedali e ristrutturarne un quarto a Palermo.
Ne siamo felici, davvero, anche se, visto che non ci troviamo in Norvegia o in Giappone, percepiamo un po’ di ansia interiore pensando ai tempi di realizzazione. Però il punto è un altro.
Leggiamo le dichiarazioni del presidente Schifani: “Oggi compie un fondamentale passo in avanti l’azione del mio governo, che ha trovato la condivisione dello Stato, per riqualificare e innovare la sanità siciliana partendo dalle opere infrastrutturali, premessa essenziale per un’assistenza efficiente e adeguata agli standard moderni che vogliamo garantire ai nostri concittadini. Abbiamo chiara – continua – la strategia complessiva per dotare la Sicilia, utilizzando anche i fondi del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e quelli del Fsc (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione), di un sistema sanitario che garantisca cure adeguate ai cittadini, fermando, e magari invertendo, i flussi della migrazione ospedaliera…”.
Ecco, dalle parole del governatore sembrerebbe che il nostro destino sia perennemente quello di attendere. Attendere nuove opere, attendere nuovi finanziamenti nazionali ed europei, attendere nuovi concorsi, eccetera eccetera. Specialmente nell’ambito sensibile della salute, diritto fondamentale della persona garantito dalla nostra Costituzione.
A parte l’evidenza che le novità riguarderanno solo il capoluogo siciliano – e il resto della disastrata sanità di questa martoriata terra? – ci sono due osservazioni da avanzare.
La prima, avremmo preferito che il presidente Schifani ci dicesse al contempo qualcosa su come intende proteggere e migliorare la sanità pubblica del presente, al di là dei progetti su ulteriori ospedali o ristrutturazioni. Il timore è che dobbiamo intanto accontentarci di quel che abbiamo e sinceramente, fatte salve le non poche eccellenze di cui disponiamo grazie ad alcuni centri e alle numerose e diversificate professionalità esistenti, non è tantissimo.
Lo sanno i pazienti e le loro famiglie quando sono costretti a varcare le soglie di un pronto soccorso e aspettare, sistemati per ore alla meno peggio, il posto in un reparto o a prenotare una visita specialistica se non vogliono o, soprattutto, non possono rivolgersi al privato non convenzionato.
Conosciamo i numeri spaventosi dei siciliani che rinunciano a curarsi per ragioni economiche.
La seconda osservazione – che si lega perfettamente, ahimè, a quanto finora scritto -, avremmo preferito che il presidente Schifani ci spiegasse il motivo per il quale le nostre aziende sanitarie, nel sud in generale, sono, salvo eccezioni, in fondo alle classifiche di efficienza dei servizi resi ai cittadini.
Mi riferisco all’analisi effettuata dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, resa pubblica recentemente. Perché al nord è possibile ciò che al sud da decenni è maledettamente e inspiegabilmente faticoso?
Forse, la butto lì, dipende dall’eccessiva ingerenza dei partiti, alla faccia di meriti e capacità, nelle scelte strategiche e manageriali riguardanti il settore delicatissimo della sanità?
Una noticina personale. Ho chiesto a mio figlio che lavora in Emilia Romagna di risparmiarmi nei suoi racconti di vita quotidiana il particolare dell’alta qualità della sanità di quella regione, ciò allo scopo di preservare il mio fegato.
Ogni volta infatti mi chiedo, ma perché, perché altrove le cose funzionano in maniera ordinaria e da noi quando funzionano gridiamo al miracolo? Sappiamo bene che le nostre domande resteranno senza risposta ma continueremo a porle a chi di dovere.