PALERMO – La corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia ha annullato l’avviso di accertamento della Agenzia delle entrate di Palermo nei confronti di un avvocato, per un totale, tra imposte e sanzioni, di oltre 520 mila euro, sulla base di indagini della Guardia di finanza.
Nel corso della verifica i militari rilevavano che il professionista risultava, con la medesima partita Iva, anche titolare di una azienda agricola, invitavano il contribuente a giustificare i dati e i movimenti risultanti dai conti correnti per dimostrare di averne tenuto conto per la determinazione del reddito imponibile.
L’Agenzia delle entrate recuperava, così, a tassazione le somme relative alle movimentazioni bancarie che non riteneva giustificate imputandole, però, esclusivamente all’attività professionale di avvocato.
L’avvocato, assistito dai legali Angelo Cuva e Giuseppe Giamportone, con il ricorso ha eccepito la illegittimità dell’avviso di accertamento perché fondato su elementi presuntivi di reddito che non rispecchiano la reale capacità contributiva del contribuente.
La Commissione Tributaria Provinciale nel 2015 aveva accolto le tesi difensive, annullando l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle entrate ha presentato appello e i giudici di secondo grado hanno rigettato l’appello dell’ufficio e ribadito la illegittimità dell’avviso di accertamento: è onere dell’amministrazione finanziaria distinguere i redditi posseduti da chi è sottoposto ad accertamento”.
“Nell’accertamento – spiega l’avvocato Cuva – non viene spiegato il procedimento logico-giuridico utilizzato per attribuire una certa operazione bancaria esclusivamente all’attività professionale di avvocato piuttosto che all’attività agricola per la quale la determinazione del reddito deve essere effettuata in base alle rendite catastali”.